Luigi Ghirri, Mattatoio, 1980 |
di Francesco Careri
in corso di pubblicazione negli atti del convegno "Mattatoio Cantiere Comune" a cura di Insula Architetti
Extencion
Tra le università sudamericane e le nostre università c’è
una differenza fondamentale: noi dividiamo tutto in due, ossia didattica e
ricerca, mentre il sistema universitario latinoamericano è diviso in tre, ossia
didattica, ricerca ed “extencion”. L’extension è semplicemente quella che
dovrebbe essere la naturale estensione della ricerca e della didattica nella
società. È molto vicino a quello che in inglese si chiama “outreach” e che in
italiano si potrebbe tradurre in “la ricaduta della ricerca”. Ma in realtà è
molto di più di questo. La parola extencion ci dice che la ricaduta deve essere
non solo nel mondo della conoscenza o genericamente nella società, ma proprio
nel territorio, una sorta di riterritorializzazione della ricerca. E ancora che
l’estensione deve avvenire in una maniera diretta, come vero e proprio “corpo a
corpo con la città” che coinvolge gli studenti (non solo di architettura, ma
anche sociologia, antropologia, arte e soprattutto medicina) nell’affrontare i
problemi atavici che affliggono le grandi città. L’extencion raggiunge quindi
due obiettivi fondamentali: gli studenti non raggiungono solo una conoscenza
teorica, ma applicano nella realtà i loro studi; i cittadini hanno la
possibilità di verificare direttamente sulle loro vite i risultati della
ricerca e della didattica. È da qui che in quei paesi viene quell’indiscusso riconoscimento
del ruolo sociale dell’università e della cultura, che manca sempre più dalle
nostre parti.
Mattatoio
L’extencion più “naturale” di una università è lo spazio
urbano in cui è inserita. Il Mattatoio ed il quartiere di Testaccio sono quindi
questo primo spazio in cui l’Università di Roma Tre dovrebbe estendere e
applicare le proprie conoscenze e le proprie competenze. Questo in realtà è
stato fatto dall’inizio della nostra presenza come Facoltà di Architettura e
per anni ci siamo occupati di recuperare e rimettere in funzione i vecchi
edifici, ma bisogna ammetterlo, non è stato un terreno di esperienze né per gli
studenti, né per il corpo docente né per i cittadini del quartiere. Oggi che finalmente
questo processo edilizio è arrivato al termine resta ancora da fare è il
coinvolgimento di tutti gli attori e dei suoi abitanti – soprattutto gli studenti
di Architettura e dell’Accademia di Belle Arti - in un progetto culturale innovativo.
Come Dipartimento credo che dovrà essere compito nostro il riportare qui dentro
le migliori energie che siamo riusciti a formare e a coinvolgere quel corpo
docente precario che troppo spesso viene escluso dalla produzione culturale
seppure ne avrebbe grandi capacità. Ma a questo grande cantiere dovrebbero
partecipare tutti i suoi abitanti, quelli più istituzionali e quelli più o meno
informali, le diverse culture che oggi ancora vi trovano riparo, i curdi che
curano il giardino di Ararat e che ogni anno festeggiamo il Newroz, gli artisti
di fama invitati a esporre oggetti completamente decontestualizzati e che
potrebbero invece realizzare opere “in situ” come il Big Bambu oggi al Macro, la
scuola di Musica, il Centro Anziani, gli occupanti del Villaggio Globale, i
cavallari… è fondamentale il “riconoscimento” delle qualità sociali e spaziali
del Mattatoio per come è oggi, comprendere le “vocazioni” che ha lentamente espresso
e offrire spazio agli immaginari che può ancora scatenare. Al di là dei
recuperi edilizi, degli accordi di programma e delle lottizzazioni politiche, c’è
bisogno di un progetto culturale capace di reinventare un nuovo rapporto tra le
arti l’architettura e la città.
Uno ad Uno
Sono sempre più numerose le scuole di arte e di architettura
che prevedono la realizzazione di interventi “in situ”: piccole installazioni,
prototipi, modelli in scala reale, azioni sul campo. Due scuole di architettura
in particolare hanno incentrato l’intera attività didattica nella realizzazione
di vere e proprie architetture. In Alabama il programma Rural Studio della
Auburn University, da venti anni progetta e costruisce con gli studenti delle
piccole architetture residenziali che vengono donate a cittadini bisognosi. Mentre
a Talca in Cile, ogni studente per laurearsi deve costruire un’architettura in
un luogo scelto da lui, affrontando oltre al progetto anche la relazione con i
politici locali, con i vicini, con i possibili fornitori di materiali etcc. Il
risultato è che a distanza di dieci anni tutta la regione ha visto sorgere
“mirador” (belvederi), “parador” (fermate di bus), “comedor” (pensiline,
tettoie, e tavoli dove per esempio i lavoratori delle vigne vanno a consumare i
loro pasti), e poi piazze, giardini, baite... La cosa interessante di questo
tipo di università è l’interdisciplinarietà: la didattica-ricerca-extension alla
scala Uno ad Uno non coinvolge infatti solo docenti di composizione, ma anche
strutturisti, tecnologi, restauratori, paesaggisti, urbanisti.
Il Mattatoio potrebbe diventare da oggi una zona di
sperimentazione culturale alla scala Uno a Uno. Un cantiere permanente di
“ri-crea-zione”, un luogo di creazione, di azione, e di creatività dove ricrearsi,
in cui artisti, musicisti, studenti, docenti, anziani, custodi e passanti si
aggirano con chiodi e martelli a costruire scenari di un sogno ad occhi aperti.
Si deve cominciare a rimuovere tutte le barriere fisiche e mentali che separano
oggi spazi, discipline, visioni e programmi dello spezzatino mattatoio. Molti
dei partecipanti al convegno hanno accolto la mia proposta di concludere con un
gesto simbolico i lavori di questo convegno: la recinzione più odiosa, quella
tra MACRO e Dipartimento di Architettura, attraverso un primo “corpo a corpo”,
oggi non c’è più.
Alla pagina http://www.youtube.com/watch?v=HcXtGhMEuSE&feature=youtu.be
il video della rimozione delle recinzioni
materiali:
- ricerche e mappe realizzate da Insula in occasione del convegno Ex Mattatoiodi Testaccio: un bene non Comune, in occasione della Biennale dello Spazio Pubblico 2013.
- libro
inedito Circles/Campo Boario di
Stalker / Osservatorio Nomade sull’attività artistica svolta dal 1999 insieme
alle comunità straniere e gli occupanti dell’area.
- mappatura
delle comunità degli abitanti al Campo Boario realizzata nel 2004 da StalkerON
e Tspoon in occasione del progetto europeo ON Egnatia. A path of displaced memories
- ricerca
inedita del 2004 condotta da Adriana Goni per conto del Prof. Giorgio
Piccinato con 40 interviste nel quartiere, passeggiate storiche guidate da
abitanti e osservazioni antropologiche sulla vita del quartiere Testaccio e del
Mattatoio
- un meravigliosofilm di Fellini
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