07/12/13

Mattatoio Cantiere Non Comune

Luigi Ghirri, Mattatoio, 1980
di Francesco Careri
in corso di pubblicazione negli atti del convegno "Mattatoio Cantiere Comune" a cura di Insula Architetti

Extencion
Tra le università sudamericane e le nostre università c’è una differenza fondamentale: noi dividiamo tutto in due, ossia didattica e ricerca, mentre il sistema universitario latinoamericano è diviso in tre, ossia didattica, ricerca ed “extencion”. L’extension è semplicemente quella che dovrebbe essere la naturale estensione della ricerca e della didattica nella società. È molto vicino a quello che in inglese si chiama “outreach” e che in italiano si potrebbe tradurre in “la ricaduta della ricerca”. Ma in realtà è molto di più di questo. La parola extencion ci dice che la ricaduta deve essere non solo nel mondo della conoscenza o genericamente nella società, ma proprio nel territorio, una sorta di riterritorializzazione della ricerca. E ancora che l’estensione deve avvenire in una maniera diretta, come vero e proprio “corpo a corpo con la città” che coinvolge gli studenti (non solo di architettura, ma anche sociologia, antropologia, arte e soprattutto medicina) nell’affrontare i problemi atavici che affliggono le grandi città. L’extencion raggiunge quindi due obiettivi fondamentali: gli studenti non raggiungono solo una conoscenza teorica, ma applicano nella realtà i loro studi; i cittadini hanno la possibilità di verificare direttamente sulle loro vite i risultati della ricerca e della didattica. È da qui che in quei paesi viene quell’indiscusso riconoscimento del ruolo sociale dell’università e della cultura, che manca sempre più dalle nostre parti.


Mattatoio
L’extencion più “naturale” di una università è lo spazio urbano in cui è inserita. Il Mattatoio ed il quartiere di Testaccio sono quindi questo primo spazio in cui l’Università di Roma Tre dovrebbe estendere e applicare le proprie conoscenze e le proprie competenze. Questo in realtà è stato fatto dall’inizio della nostra presenza come Facoltà di Architettura e per anni ci siamo occupati di recuperare e rimettere in funzione i vecchi edifici, ma bisogna ammetterlo, non è stato un terreno di esperienze né per gli studenti, né per il corpo docente né per i cittadini del quartiere. Oggi che finalmente questo processo edilizio è arrivato al termine resta ancora da fare è il coinvolgimento di tutti gli attori e dei suoi abitanti – soprattutto gli studenti di Architettura e dell’Accademia di Belle Arti - in un progetto culturale innovativo. Come Dipartimento credo che dovrà essere compito nostro il riportare qui dentro le migliori energie che siamo riusciti a formare e a coinvolgere quel corpo docente precario che troppo spesso viene escluso dalla produzione culturale seppure ne avrebbe grandi capacità. Ma a questo grande cantiere dovrebbero partecipare tutti i suoi abitanti, quelli più istituzionali e quelli più o meno informali, le diverse culture che oggi ancora vi trovano riparo, i curdi che curano il giardino di Ararat e che ogni anno festeggiamo il Newroz, gli artisti di fama invitati a esporre oggetti completamente decontestualizzati e che potrebbero invece realizzare opere “in situ” come il Big Bambu oggi al Macro, la scuola di Musica, il Centro Anziani, gli occupanti del Villaggio Globale, i cavallari… è fondamentale il “riconoscimento” delle qualità sociali e spaziali del Mattatoio per come è oggi, comprendere le “vocazioni” che ha lentamente espresso e offrire spazio agli immaginari che può ancora scatenare. Al di là dei recuperi edilizi, degli accordi di programma e delle lottizzazioni politiche, c’è bisogno di un progetto culturale capace di reinventare un nuovo rapporto tra le arti l’architettura e la città.

Uno ad Uno
Sono sempre più numerose le scuole di arte e di architettura che prevedono la realizzazione di interventi “in situ”: piccole installazioni, prototipi, modelli in scala reale, azioni sul campo. Due scuole di architettura in particolare hanno incentrato l’intera attività didattica nella realizzazione di vere e proprie architetture. In Alabama il programma Rural Studio della Auburn University, da venti anni progetta e costruisce con gli studenti delle piccole architetture residenziali che vengono donate a cittadini bisognosi. Mentre a Talca in Cile, ogni studente per laurearsi deve costruire un’architettura in un luogo scelto da lui, affrontando oltre al progetto anche la relazione con i politici locali, con i vicini, con i possibili fornitori di materiali etcc. Il risultato è che a distanza di dieci anni tutta la regione ha visto sorgere “mirador” (belvederi), “parador” (fermate di bus), “comedor” (pensiline, tettoie, e tavoli dove per esempio i lavoratori delle vigne vanno a consumare i loro pasti), e poi piazze, giardini, baite... La cosa interessante di questo tipo di università è l’interdisciplinarietà: la didattica-ricerca-extension alla scala Uno ad Uno non coinvolge infatti solo docenti di composizione, ma anche strutturisti, tecnologi, restauratori, paesaggisti, urbanisti.
Il Mattatoio potrebbe diventare da oggi una zona di sperimentazione culturale alla scala Uno a Uno. Un cantiere permanente di “ri-crea-zione”, un luogo di creazione, di azione, e di creatività dove ricrearsi, in cui artisti, musicisti, studenti, docenti, anziani, custodi e passanti si aggirano con chiodi e martelli a costruire scenari di un sogno ad occhi aperti. Si deve cominciare a rimuovere tutte le barriere fisiche e mentali che separano oggi spazi, discipline, visioni e programmi dello spezzatino mattatoio. Molti dei partecipanti al convegno hanno accolto la mia proposta di concludere con un gesto simbolico i lavori di questo convegno: la recinzione più odiosa, quella tra MACRO e Dipartimento di Architettura, attraverso un primo “corpo a corpo”, oggi non c’è più.

Alla pagina http://www.youtube.com/watch?v=HcXtGhMEuSE&feature=youtu.be il video della rimozione delle recinzioni

materiali:
- ricerche e mappe realizzate da Insula in occasione del convegno Ex Mattatoiodi Testaccio: un bene non Comune, in occasione della Biennale dello Spazio Pubblico 2013.

- libro inedito Circles/Campo Boario di Stalker / Osservatorio Nomade sull’attività artistica svolta dal 1999 insieme alle comunità straniere e gli occupanti dell’area.
- mappatura delle comunità degli abitanti al Campo Boario realizzata nel 2004 da StalkerON e Tspoon in occasione del progetto europeo ON Egnatia. A path of displaced memories
- ricerca inedita del 2004 condotta da Adriana Goni per conto del Prof. Giorgio Piccinato con 40 interviste nel quartiere, passeggiate storiche guidate da abitanti e osservazioni antropologiche sulla vita del quartiere Testaccio e del Mattatoio
- un meravigliosofilm di Fellini

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