Questo libro raccoglie articoli scritti nell'arco di venti anni, dal 1996 ad oggi. Cerca di costruire un ponte tra il camminare ed il fermarsi, tra l’andare e lo stare, forse tra il nomade ed il sedentario. Guarda al fermarsi come parte del camminare, come ad un’azione che continua a voler essere ancora nomade, una lunga sosta di un percorso inarrestabile. Può essere letto come una riflessione sul prender posto e sul prender posizione, sul prendersi cura di un luogo e sull’assumere una responsabilità etica ed estetica del momento del fermarsi.
Ed è un libro che può essere letto anche come libro su Stalker, o meglio su me e su Stalker, su quello che io ho imparato da Stalker, e su quello che come professore continuo ad imparare, insegnando come artista architetto e professore, nel Laboratorio di Arti Civiche. Azioni e riflessioni che mi hanno permesso di mettere a punto modalità di esplorare e di stare sui luoghi, tentativi di costruire - almeno per me – possibili strade attraverso cui espandere il campo di azione dell’architettura, da claustrofobica stanza disciplinare ad avventura con cui trasformare mondo. E Stalker è infatti prima di tutto avventura, esistenziale, etica ed estetica. Una poesia urbana iniziata insieme a molti amici nei primi anni ’90 a Roma e che è riuscita ad esistere e ad esprimersi lontano dai riflettori dello spettacolo del contemporaneo. Non perché sia stata nascosta, anzi, ha un folto numero di estimatori che l’hanno conosciuta sul campo facendone esperienza diretta attraverso camminate, azioni territoriali, workshop… ma perché ha trovato il suo modo di stare fuori, cambiando repentinamente direzione, facendo perdere le sue tracce, utilizzando diversi nomi (Stalker, Osservatorio Nomade, Stalker/ON, Primaveraromana, Museo Relazionale, Laboratorio Arti Civiche, Stalker Walking School), non riuscendo a pubblicare mai un vero e proprio libro (ma ce ne sono diversi in pdf scaricabili sul web, ed altri in corso d’opera).
Questo libro così riprende dal punto in cui finisce il mio primo libro Walkscapes, dal Giro di Roma fatto con Stalker nel 1995 e dalla sua prima sosta al Campo Boario nel 1999. Poi passa alla metafora del navigare, alle derive e agli approdi, per fermarsi ad approfondire la storia di Caino e Abele e metterla in relazione con il gesto del Ka, il simbolo dell’eterna erranza che va incontro all’Altro. Va in pellegrinaggio per la morte di Constant e per la rilettura critica dell’Urbanismo Unitario, va alla ricerca di New Babylon raccontando gli anni passati nelle città dei Rom, del loro apartheid nei nuovi campi di concentramento ma anche di Pidgin City, il mondo delle occupazioni abitative, dove l’informale torna ad essere una risorsa e l’autocostruzione una via di uscita praticabile, dove si possono costruire nuovi spazi alla scala 1:1, a partire dalle capacità costruttive, dalle lotte e dai desideri degli abitanti. Da qui parte verso il Sudamerica, la più avanzata scuola per la grande città informale che verrà, camminando a Santiago, Bogotà e Sao Paolo, tra vuoti di memoria, amnesie censorie, labirinti spontanei e retorica della sicurezza. Si chiude in omaggio a Geddes con un articolo sull’urbanistica itinerante e sul corso peripatetico di Arti Civiche, dove si impara a perdere tempo per guadagnare spazio, a camminare e ad inciampare, ad entrare in luoghi in cui fermarsi a fare architettura, a salutare quando si arriva e quando si parte. Un glossario di parole che mi aiutano a trasmettere tutto questo, un manifesto a testa in giù.
Manifiesto
1999
Revolução
We
want a revolution,
non for the arts ma pour la vie authentique.
Freedom of art is
also freedom from art.
Revolution to lay in
the arms of a new mother,
revolución
que te llega por territorios vírgenes,
rivoluzione
per l’emancipazione degli affetti e delle passioni.
Revolução é recordar
aos indivíduos que eles são livres.
Passioni
We
swim in this empathic process where
cada cual es Cupido.
Aonde
as setas vazias fazem nascer amor,
donde autónomas productions du sens
secernent
improvisos patios de conciencia.
Erramos
tras landas instabiles,
tra stati d’animo
fortuitamente revelados
besides las islas de la
rappresentazione,
beyond los mares de l’esperienza.
Territoire
Arquitectura
is a beach.
Fazer amor antes de fazer um projecto.
Territoire is a neighbour,
an
autonomous producer of space
that
makes questions about tiempo.
Territory
itself wants a revolution,
quiere nuevas historia y geografía,
cherche
l’emancipation de ses passions,
desidera
un’erotizzazione senza limiti
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