articolo scritto in occasione di
a cura di Giovanni Caudo, Janet Hetman, Annalisa Metta
Case vecchie, case nuove, case di lusso, casermoni, torri,
stecche, villettopoli, baraccopoli, zone agricole, industriali, commerciali, ferroviarie,
orti urbani, campi arati, campi incolti, parchi, giardini, fiumi, torrenti, rovine
antiche, rovine contemporanee, altri tempi, altre epoche, altri abitanti, altre
velocità, altre culture, altre abitudini. Compresenti, presenti insieme,
ibridi, contaminati, estranei, eterogenei. Uno dopo l’altro, uno di fronte
all’altro, uno dentro l’altro, uno sopra all’altro. Già… ma soprattutto, qual è
l’Uno e qual è l’Altro? E noi… siamo nell’Uno o nell’Altro? E se siamo nell’Uno,
siamo proprio sicuri di saperlo vedere, l’Altro? Siamo certi di saperlo
riconoscere il diverso da noi Uni? E di saper accettare il suo voler rimanere
Altro, finanche il suo rifiuto di diventare noi? Siamo capaci di non voler assimilare,
colonizzare, omologare, pacificare l’Altro? Siamo disposti a non indurlo a
diventar semplicemente uno dei tanti Uno?