30/06/12

LA BARCA PER IL PORTO FLUVIALE di Azzurra Muzzonigro

La Barca per il Porto.
Storia di una sineddoche urbana e una nuova idea di piazza.
di Azzurra Muzzonigro (LAC)

Questa storia inizia qualche mese fa, a Roma, anche se l’incontro che l’ha generata era gia’ nell’aria da un po’. Quando Giorgio ci ha proposto di fare il SummerLab con il Development Planning Unit di Londra (DPU) al Porto Fluviale noi del Laboratorio Arti Civiche (LAC) nutrivamo qualche dubbio. Principalmente perche’ con il Porto non e’ che avessimo una relazione consolidata e non ci sentivamo sicuri nel fare da ciceroni in un rapporto appena iniziato.
Questa e’ la storia di una giornata di vento in poppa iniziata con un fil di vento.
Era un giorno d’estate quando io, Maria e Piccio[1] ci affacciamo per la prima volta all’assemblea del Porto Fluviale. Ora, per dovere di cronaca, bisogna fare le dovute presentazioni. Porto Fluviale e’ un’occupazione abitativa del Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa, uno dei movimenti romani che reclamano il diritto all’abitare, e che da 9 anni ospita circa 100 nuclei familiari in emergenza abitativa provenienti da diversi paesi all’interno di una ex-caserma che lo Stato ha intenzione di vendere ai privati per ricavare liquidita’. Io, Maria e Piccio, e anche Giorgio[2], (che fa parte anche del DPU di Londra, come me, in parte) siamo parte del Laboratorio Arti Civiche, un’associazione culturale formata da un gruppo di ricerca multidisciplinare che compie ‘azioni civiche’ sul territorio: si affianca cioe’ a gruppi sociali e comunita’ locali al fine di elaborare con loro, attraverso gli strumenti dell’arte civica, una visione collettiva e condivisa dello spazio urbano, occupandosi al contempo di realizzare almeno una piccola parte di tale visione. L’idea e’ che condividendo una pratica di trasformazione dello spazio, i gruppi possano poi fare propria tale pratica e adattarla alle loro future necessita’ e visioni. Il Development Planning Unit e’ un dipartimento della Bartlett faculty of Architecture di UCL-London che si occupa di fare ricerca accademica volta ad elaborare strumenti di planning per uno sviluppo giusto e sostenibile nel sud globale, sono venuti al Porto Fluviale per una settimana, dal 10 al 15 Settembre 2012, per il SummerLab, un workshop estivo della DPU, coordinato da Giorgio, Camillo e William[3].
Ma torniamo a noi. Il giorno dell’assemblea al Porto chiediamo agli abitanti la loro opinione sull’eventuale visita del DPU a Settembre. Loro si mostrano aperti all’incontro. In quella sede facciamo un passettino in piu’. Dietro le loro incalzanti domande sulla nostra idea di trasformazione per il Porto proponiamo all’assemblea la suggestione che avevamo avuto riflettendone insieme: perche’ non portiamo delle barche dentro al cortile? Perche non usiamo le barche per dare corpo e sostanza all’immagine del Porto Fluviale come un luogo in cui culture diverse possano non solo trovare accoglienza, ma sperimentare insieme inedite forme di abitare interculturale? E perche’ non immaginiamo che ogni barca abbia un proprio uso e tutte insieme disegnino la nuova Piazza del Porto Fluviale? Tante barche per costruire una nuova proposta di citta’ e cittadinanza: il cortile dell’occupazione si apre alla citta’ offrendo uno spazio pubblico inedito, in cui sono le logiche dello scambio di saperi e della condivisione, piuttosto che quelle di mercato, a disegnare gli spazi e gli usi.
La proposta e’ piaciuta moltissimo! Gli abitanti hanno iniziato ad immaginare i diversi possibili usi delle barche e della piazza. Siamo andati via con il sorriso sulle labbra.

 Dopo tanta attesa e preparazioni, finalmente a Settembre arrivano gli studenti del workshop SummerLab. Vengono da diverse parti del mondo: ci sono una libanese, una libanese-venezuelana, una libanese-armena, un portoghese, un messicano-americano e due italiane.  La loro multiculturalita’ da subito si incontra con quella degli abitanti del Porto, e il loro pernottamento nell’occupazione intensifica i rapporti con gli abitanti. Dopo aver visitato il Corviale e l’idea di spazio pubblico mai realizzato e riappropriato dai cittadini che il quarto piano del ‘kilometro’ propone, aver sorseggiato un the’ caldo offerto dai profughi kurdi nel giardino di Ararat realizzato nel 1999 insieme con Stalker a Campo Boario, aver cenato con succulenti piatti provenienti da diverse parti del mondo alla nuova occupazione abitativa del Coordinamento ‘la Rustica’, finalmente iniziamo a ragionare sul Porto Fluviale.
La base operativa e’ la sala da the’, inaugurata esattamente un anno fa (grazie soprattutto al lavoro di Margherita[4] dentro al Porto) come prima proposta urbana: rappresenta lo slancio di apertura del Porto alla citta’, da cui il nome Fronte del Porto Fluviale, attraverso uno spazio in cui offire ristoro e scambiare saperi. E’ qui che facciamo le presentazioni, discutiamo le proposte ed iniziamo a realizzare delle prime suggestioni sull’idea di Piazza che il Porto Fluviale vuole realizzare. Gli studenti si dividono in gruppi e, dopo alti e bassi, finalmente venerdi sera fanno delle proposte agli abitanti.
Seguendo la suggestione di Giorgio di considerare il Porto Fluviale come un nuovo monumento urbano, c’e’ chi propone un giardino-monumentale al centro del cortile e alla parete di fondo che inviti i passanti a varcare la soglia del grande cancello d’entrata, che durante il giorno sara’ spesso lasciato aperto. Un altro invito ad entrare potrebbe essere un dipinto murale sulla facciata principale e su quella laterale che richiami l’attenzione e al contempo proponga una nuova immagine all’austero  edificio militare suggerendo il diverso uso dello spazio che ha luogo all’interno. Un’altra idea proposta e’ stata quella di spiegare l’uso pubblico degli spazi del piano terra del Porto attraverso una sorta di “Menu delle Attivita’”, un piccolo catalogo di spazi e attivita’ che viene proposto all’entrata per trovare la propria strada all’interno del Porto. Cosi hi sceglie di entrare puo’ scegliere se dirigersi verso il campo da pallavvolo per una partita, se aggiustare la propria bici alla nuova Ciclofficina Fronte del Porto, se sorseggiare un the’, assistere a una presentazione di un libro o frequentare un corso di uncinetto nella Sala da The’ Fronte del Porto e cosi’ via. Un volantino distribuito per il quartiere Testaccio e via internet invita tutti a partecipare al grande pranzo organizzato per sabato. Un flip-book, diventato anche un breve video in stop-motion, racconta l’evoluzione dello spazio dal giorno dell’occupazione fino ad oggi, mostrando le conquiste e i diversi modi con cui lo spazio della caserma e’ stato nel tempo adattato ad uso residenziale e sociale. Infine una grande mappa interattiva e’ stata proposta come strumento di dialogo e di progettazione della Piazza.
Gli abitanti hanno mostrato grande interesse nelle diverse proposte e si sono detti interessati a realizzarne alcune, come il giardino-monumento e la facciata colorata. Un bel risultato!

Nel frattempo il Laboratorio Arti Civiche ha continuato a lavorare sull’idea delle barche: giovedi’ Piccio e’ andato a Bracciano con la macchina con il gancio e il carrello ed e’ tornato con una barchetta di 4 metri bianca e gialla che ha fatto il suo ingresso silenzioso all’ora di pranzo di una giornata uggiosa. La sua imagine riflessa nelle pozzanghere del cortile del Porto era per me un chiaro omaggio al documentario Good Buy Roma di Margherita e Gaetano[5] girato al Porto circa un anno fa raccontandone la storia, come la realizzazione di una premonizione. La barca e’ rimasta ferma nel cortile per tutto il pomeriggio e per tutto il giorno seguente. Diverse persone in diversi momenti le si avvicinavano immaginandone i possibili usi: con le ruote per fare da barca delle avventure per i bambini, appesa con corde mobili alle mensole che sostengono la tettoia del cortile, riempita di terra per farne fioriera o piccolo orto e cosi’ via.
Finche’ sabato mattina, il grande momento e’ arrivato, il cancello d’ingresso verra’ finalmente aperto e la citta’ potra’ entrare nella nuova Piazza del Porto Fluviale. Entrando, alla fine del tunnel d’ingresso ecco la barca gialla del LAC alzarsi leggera sopra le nostre teste. Ne’ barca pirata ne’ panchina, per questa volta l’invito e’ quello di salpare a bordo di questa nuova avventura urbana con la prua rivolta verso il futuro, cavalcando le onde e risalendo il vento, di bolina. Sempre avanti!

Visto l’entusiasmo del giorno della prima apertura, abbiamo pensato che potranno essercene delle altre, tante barche per ridisegnare insieme un’intrigante proposta urbana: da corte interna di un’occupazione abitativa, a spazio pubblico per il quartiere, la Piazza del Porto Fluviale si apre alla citta’ offrendo uno spazio per la condivisione e lo scambio e per construire insieme una nuova idea di citta’ e cittadinanza. Una parte per il tutto. Come una sineddoche a scala urbana, la barca sulla soglia vuole simboleggiare l’idea di luogo accogliente e ormeggio sicuro che il Porto Fluviale rappresenta per la citta’ di Roma: il luogo in cui le genti migranti, i senza casa e chi semplicemente crede in un modo diverso di abitare lo spazio urbano, sognano e realizzano insieme giorno dopo giorno la propria utopia.



[1] Azzurra Muzzonigro, Maria Rocco, Francesco Careri (LAC)
[2] Giorgio Talocci (phD DPU/LAC)
[3] Camillo Boano, William Hunter (DPU)
[4] Margherita Pisano (phD La Sapienza) 
[5] Gaetano Crivaro (film-maker)


WORKSHOP 10-15 September 2012
per il Laboratorio Arti Civiche: Francesco Careri, Barbara Dovarch, Azzurra Muzzonigro, Maria Rocco, Giorgio Talocci.
web: http://www.bartlett.ucl.ac.uk/dpu/programmes/summerlab/2012-series/rome
sui risultati del workshop è uscito un libretto vedi: occupation city
articolo di Giorgio Talocci  ecco il link

Dal programma del workshop: Rome and the Movements of Struggle for Housing

Currently there are nearly forty squat-occupied spaces throughout Rome, usually taking place in previously abandoned buildings, now inhabited by communities of both Italians and immigrants who cannot afford renting a house. The occupations’ network is administered by highly politicised organisations, lacking though a common vision and often in conflict with each other.
Nonetheless, the model of resistance to the mainstream development they put forward has lately achieved a certain success: some occupations have managed to resist the pressures from authorities and developers and at the same time increased their relational nets with other occupations and the surroundings. With the recent shift of objectives from the right to housing to the right to dwelling, indeed, the squatter communities are filling up, with their daily activities, those gaps created by the disappearance of the welfare state, and not only do they offer housing solutions for people in need, but they have implemented open desks for assistance for housing and care and interesting programmes of leisure and education activities.

In spite of such efforts though the occupations’ galaxy still remains a collection of fragments whose identities are either denied or ignored by the authorities, and sometimes stigmatised by the rest of the population. Their often invisible and fortress-like presence hardly manages to mingle thoroughly with the rest of the urban fabric and turn them into some of the many gated bubbles that makes Rome’s image – occupations, ghettoised social housing estates, wealthy neighbourhoods, new business districts, all heterotopic spaces which are developing separately from each other and find themselves in open conflict.

Workshop objectives and preliminary* programme
As a group we will navigate into this gated archipelago – alternating and exploring different methodologies of investigation, from ethnographic and participatory observation to action research – looking also at its interstitial spaces through transurbance experiences, typical of the urban dérives Francesco Careri carried on initially with the Stalker group.

We begin with a derive originating from the Corviale housing block and culminating at the occupation which will be our primary investigation ground- a former armed forces warehouse now squatted by a heterogeneous community of migrants. The following days we will be interacting with the community, observing everyday activities, and gauging actual and potential connections with the wider city- both at the neighbourhood scale and within the network of occupations. To understand this, we will also visit other occupied spaces and new urban developments to witness wider challenges between formal and informal spatial production in Rome. Site visits, group discussions, and active observations will be supplemented by talks at Roma Tre by possible members of faculty, political organisations and community.




























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