10/03/24

"La vera leggenda di Stalker" secondo Gilles A. Tiberghien (2004)

Stalker Attraverso i Territori Attuali 1995
tempera acrilica su poliestere e puntinato
con uniposca bianco

LA VRAIE LEGENDE DE  STALKER 

Testo scritto nel 2004 per il catalogo Stalker dell'omonima mostra personale al CapcMusée d’art Contamporaine de Bordeaux, a cura di Thierry Davila e Maurice Frechuret, editions fague. Ripubblicato nel libro Le paysage est une traversée, éd Parenthèses, Marseille 2020 (traduzione italiana in fondo al testo francese)

L’esposizione che si inaugura al Capc (Centre d’Arts Plastiques Contemporains) di Bordeaux il 5 febbraio 2004 coincide con i dieci anni di attività di Stalker. Questa coincidenza lungi dall’essere fortuita, visto che l’atto di nascita del “gruppo” è stato assolutamente frutto del caso e varia se si considera questo o quell’evento più o meno incisivo dell’altro. Se si guarda il nome “Stalker”, si dovrebbe far riferimento al 1995. Se si prende come criterio il momento dove s’incontrano i primi partecipanti di questo collettivo informale, allora si arriverà alle manifestazioni e alle occupazioni studentesche dei decenni precedenti, e si potrebbe scegliere come riferimento il 1990. Se si pensa alla fine dei loro studi e al momento in cui gli Stalker cominciano a definirsi tali, allora si può pensare al 1993, stesso anno in cui si attiva l’operazione politica di lotta contro la corruzione, conosciuta in Italia come all’estero con il nome di “Mani Pulite”. Infine, se si considerano che gli Stalker segnano la fine di un’epoca e reagiscono ad uno stato di deterioramento del panorama politico italiano e internazionale, tenderemmo a far riferimento al 1994, che è anche l’anno in cui entra nella scena politica il “Cavaliere” dalla sinistra figura.

È difficile parlare di un “gruppo” - si fa per comodità per questo uso il virgolettato - o di distinguere un momento di origine e la nebulosa di attivisti dal numero variabile. È vero che il marchio è registrato e sei persone fanno parte dell’“associazione culturale” che dovrebbero rappresentare. Ma questa è una comodità amministrativa, un’esca in realtà, che permette d’integrare una quantità indefinita d’individui capaci di contribuire a questa o quella occasione per realizzare diversi progetti. Perché oltre ad essere un insieme di persone che costruiscono un movimento, oltre ad essere un “soggetto collettivo”, come si definisce nel 1996 nel suo manifesto[i], Stalker, che vuole vedersi come un laboratorio, è prima di tutto un’attitudine, e sappiamo tutti che, quando le attitudini diventano forme, è per acquisire visibilità e comunicare qualcosa di cui sono testimoni, essenzialmente è una pratica in evoluzione. Il rischio è sempre infatti quello di fissare un movimento, una dinamica che prende spesso delle forme molto diverse tra loro, a volte anche contraddittorie[ii].

Gli storici dell'arte, delle civiltà e delle mentalità sono portati a riflettere sulle periodizzazioni, sugli stili e sul loro sviluppo, nonché sull'analisi delle cause politiche e le determinanti sociali che le hanno fatte emergere. Ma per quel tanto che possono pensare uno o più individui sulle azioni che compiono, o sul posto che occupano, per loro si pone ben presto la domanda sulle proprie origini, sulle relazioni con i loro riferimenti precedenti. I romantici tedeschi si ispirano a Platone, Cervantes e Chamfort. I Surrealisti volevano dare seguito a questa sensibilità romantica ma si definivano parenti di Isidore Ducasse, Rimbaud e Mallarmé, oltre che a Dante e Shakespeare, e consideravano surrealisti Edgard Poe "nell'avventura" e, tra molti altri, Hugo "quando non è stupido". I Situazionisti citavano Marx o Feuerbach ma Guy Debord era più interessato al cardinale de Retz e a Balthasar Gracian. Così, il 3 marzo 1996, con lo stesso spirito, gli Stalker realizzano – loro, in una cava abbandonata nella periferia romana, Stalker rundown, (omaggio a Robert Smithson). Grazie alla circolarità di cui sono artisti affermati, rovesciano 96 in 69, l’anno stesso in cui l’artista americano venuto a Roma, aveva scaricato un camion di catrame in una cava, producendo Asphalt rundown, documentando l'operazione con un filmato, una mappa e una serie di fotografie. Con lo stesso sistema, i giovani italiani ritrovano lo stesso luogo più di 25 anni dopo, e rotolano giù per il pendio come barili, sporcano l'immagine in bianco e nero della discarica con cinque frame del video a colori, in cui appaiono prima in piedi sul bordo e poi in piena azione, il tutto dando una sensazione sia di caduta che di sospensione, nel tempo e nello spazio[iii].

Dove, negli anni Sessanta, c'era una cava di selce abbandonata, una landa desolata lasciata alle ruspe, oggi c'è una sorta di riserva naturale dove si possono vedere qua e là alcuni resti dell'attività industriale del passato. L'acqua ha riempito i vasti bacini scavati nel terreno, che oggi ospitano una grande varietà di animali acquatici, salamandre e colonie di uccelli, in mezzo ad una vegetazione selvaggia. Nel testo che accompagna la loro mappa, gli Stalker sovrappongono l’azione di Smithson a Roma e la sua passeggiata a Passaic, che lui aveva raccontato nello stesso anno sul numero di ottobre di Artforum, parodiando lo stile delle passeggiate pittoresche del XIX secolo in cui si lodano i monumenti notevoli, mentre qui le reliquie industriali vengono elevate come fossero delle antiche rovine[iv]. Tra questi monumenti, una cava di sabbia offre a Smithson l’occasione di giocare con la nozione di entropia, speculando su una possibile reversibilità del tempo. Citando questo passaggio, dove la cava di sabbia può apparire come “una tomba nella quale i bambini si divertono ridendo”[v], il testo dell’omaggio di Stalker conclude così:

“Questi bambini non sono forse una metafora dell'umanità, che trasformando la terra non fanno altro che aumentare il caos e portarci più vicini alla fine? Eppure la cava di selce, uno spazio così trasformato dalla mano dell’uomo è oggi un ambiente perfettamente vivo, come se la terra fosse stata stimolata da uno stravolgimento così grande e la natura, offesa, avesse raccolto tutte le sue forze per ricrescere qui più che altrove. Esiste forse un processo contrario all’entropia, in questi stessi passati inconsapevoli dei bambini che giocano, un processo creativo che, per ironia della sorte, porta la terra ad una nuova vita, o per parafrasare Robert Smithson, un gioco di riflessi tra passato e futuro? Con questa speranza, proprio come questi bambini, abbiamo giocato allegramente su questo cumulo entropico, ruzzolando fino in fondo in ricordo della colata d'asfalto. Un'azione infantile per celebrare la scoperta di questo luogo che oggi dedichiamo a Robert Smithson".[vi]

Un anno prima, il 4 Novembre 1995, gli Stalker avevano reso omaggio a Pasolini nei pressi del Mandrione, un antico acquedotto romano, intitolando la loro azione “Walkabout Pasolini”. L’intervento, questa volta, prevedeva la colorazione in blu di 300 metri di asfalto lungo Via del Mandrione, in riferimento ai versi di una poesia senza titolo di PP Pasolini del 1951, distribuita contemporaneamente, fotocopiata su un foglio di carta di colore blu.

[…]ma un po’ fuori dal centro rischiarato,
al fianco di quel silenzio, una strada
blu d’asfalto, pareva immersa
in una vita immemore ed intensa
quanto antica.[vii]

L’omaggio naturalmente fa pensare a quello che glia renderà poco dopo Nanni Moretti in Caro Diario, quando si fa riprendere sulla sua vespa mentre visita il terrain vague dove il poeta era stato assassinato - terreno che gli Stalker avevano attraversato nelle loro esplorazioni suburbane. Senza contare che la parola “Walkabout” è un richiamo a Chatwin e al suo libro “Le vie dei canti” che è un riferimento importante per Stalker[viii]. Se gli artisti della Land Art sono stati determinanti per Stalker come lo è stata anche una certa forma di cinema ha contato molto per loro, bisogna dire che la deriva Situazionista è servita naturalmente come metro di paragone e punto di partenza per esperimenti anche molto diversi da essa, sia nel metodo che nello spirito, anche se l'idea di uno spazio "psicogeografico" é certamente operativo se vogliamo comprendere le camminate degli Stalker.

Dei Surrealisti e dei Situazionisti, gli Stalker mantengono un certo senso del gioco, del caso e dell’incontro, un interesse verso l’esplorazione urbana sistematica, ma a differenza dei loro fratelli maggiori, si allontanano deliberatamente dai centri storici per esplorare le periferie e i margini. Quando si dirigono verso il centro, lo fanno comunque da vie inesplorate, ignorate dai grandi assi attraversati dalla maggior parte dei cittadini. Se da una parte hanno lo stesso gusto per la provocazione e l’improvvisazione, dall’altra non ne hanno nessuno per la retorica di partito o per le cerimonie di esclusione. Non c’è un capo. Alcuni scrivono, altri disegnano o filmano: che siano paesaggisti, architetti, astrofisici o artisti, tutti partecipano e discutono in varia misura le azioni da intraprendere. Non ci sono collaboratori fissi o "simpatizzanti", per usare il vocabolario delle organizzazioni politiche di sinistra e, in questo caso, del Partito Comunista, credo si possa dire che ci sono solo "compagni di viaggio".

Nel 1990, durante le proteste studentesche a Roma contro la riforma di privatizzazione delle Università, i primi Stalker prendono coscienza di appartenere ad una nuova generazione. Sono in quaranta o cinquanta a lavorare insieme, in diversi gruppi e associazioni.[ix] Quell’anno rimane nella memoria sotto il nome de “La Pantera”. All’epoca una pantera era scappata dallo Zoo di Roma e ogni settimana appariva da qualche parte e poi scompariva di nuovo. Nessuno sa se poi sia mai stata ritrovata da allora. La storia è diventata emblematica per questa gente che si considera incessantemente mobile e sfuggente. Un po’ come i bucanieri o alcuni gruppi anarchici stirneriani, gli Stalker occupano piccole isole, o "interzone", e le abbandonano non appena vengono individuate e identificate con troppa precisione. Senza far riferimento alla pirateria, condividono con lei l’ideale egualitario e creano una “banda” che funziona tramite amicizia, affinità, interessi, una banda aperta e polimorfa in contrapposizione ai circoli chiusi concepiti sul modello familiare con iniziazioni e riti di passaggio.[x] La cosa non è priva di rischi, e dieci anni più tardi - se manteniamo questa finzione dell’anniversario - Stalker minaccia di dissolversi e scomparire, seguendo in questo una tendenza che è sempre stata sua.

Nel 1995, dal 5 all’8 ottobre, per quattro giorni e tre notti gli Stalker realizzano il giro di Roma attraversando zone dismesse, terrains vagues, aree interstiziali e abbandonate della città[xi]. Questa operazione, alla quale loro hanno da subito dato una certa visibilità, è senza dubbio in seguito diventata la più celebre. Da quel momento questo "laboratorio d'arte urbana" ha assunto un nome proprio, e questo è uno dei motivi per cui le origini di Stalker tendono ad essere riportate a quell'evento. Perché, come spiega Francesco Careri: “Quando facevamo le nostre prime esperienze ancora non avevamo un nome. È stata un’amica giornalista a farci notare che il film Stalker del regista russo Andrei Tarkovskij aveva molto in comune con il nostro approccio all’epoca del Giro di Roma, ovvero quest’idea di andare a visitare qualcosa di sconosciuto. Stalker in inglese significa “maniaco”, è quello che segue le persone, un’accusa che può essere imputata giuridicamente! Ma è soprattutto un termine di caccia, un termine archetipo di una società di nomadi, di erranti e di raccoglitori. In russo, è lo specchio della vita, della realtà. Nel film, è una rappresentazione, una realtà trasformata da uno stato d'animo”.[xii]

Nel 1996, partecipano al laboratorio Mappe organizzato da Emanuela de Cecco, attraversando due itinerari nelle zone abbandonate della periferia milanese. [xiii] Nell’Aprile dello stesso anno tentano un esperimento simile ma all’estero, questa volta uscendo da Parigi partendo da “La flèche d’Or”, un ex stazione della “Petite Ceinture” trasformata in un bar e sala concerti. Attraversano i murs à peche di Montreuil per camminare fino all’aeroporto Charles de Gaulle. Mentre sono ancora a Parigi, ogni volta che attraversano una linea che, sulla mappa, segna il confine tra due arrondissement, Francesco "Piccio" Careri precede gli altri per una ricognizione, versando farina per preparare il percorso.[xiv]

Queste operazioni corrispondono al periodo in cui gli Stalker sono impegnati nell’analisi di quelli che chiamano "territori attuali", intendendo con questo termine, in riferimento a Michel Foucault, i territori mutanti in continuo divenire[xv]. Evidenziare queste "aree di scarto", questi interstizi - "macchie bianche" le chiama Emmanuel Hocquard per caratterizzare l'atto del tradurre, quegli spazi vuoti del linguaggio che, come per le regioni inesplorate sulle mappe di un tempo, aprono nuovi orizzonti al pensiero - non significa cercare altri luoghi da occupare[xvi]. Al contrario, significa preservare zone di "libero scambio" in un mondo sempre più sorvegliato. La nostra società del controllo sta gradualmente perdendo il senso di sé, sostituisce la sicurezza all’avventura e gli scambi pianificati agli incontri casuali. “Queste amnesie urbane, scrive Francesco Careri, non sono semplicemente spazi in attesa di essere riempite di cose, ma sono degli spazi viventi che bisogna riempire di senso.”[xvii]

In un testo che evoca a momenti lo stile di Smithson, Lorenzo Romito dichiara, nel testo scritto durante il viaggio sotto forma di diario, conclude i quattro giorni del Giro di Roma: “Abbiamo viaggiato nel passato e nel futuro della città, nei suoi ricordi dimenticati e nel suo divenire inconsapevole, su un territorio creato dall’uomo aldilà della sua volontà. In questo vuoto, identifichiamo una geografia effimera e soggettiva, le proposte istantanee di un mondo in continua trasformazione. Siamo riusciti a creare uno spazio senza progettarlo o costruirlo ma semplicemente attraversandolo.”[xviii] In queste pieghe del tempo e dello spazio, sembrano possibili nuovi comportamenti e nuove forme di relazione. Ma, come dice un personaggio nel film di Tarkovskij: “non so quello che succede qui, non dipende dalla Zona, ma dipende da noi” dichiarando in un altro punto: “il cammino più dritto non sempre è il più corto.” Questo definisce perfettamente uno spazio odologico, ovvero uno spazio affettivo i cui punti di riferimento corrispondono ad un insieme di azioni, piuttosto che a un piano con i suoi sistemi di coordinate calcolati geometricamente. La mappa di Roma che raffigura questa camminata ne porta in qualche modo l'impronta: è una mappa in cui, paradossalmente, il territorio è rappresentato anche ad altezza d'uomo.[xix]

Nel 2000, invitati da Peter Lang, gli Stalker fanno una lunga camminata lungo la Miami River e constatano che il suolo è stato completamente privatizzato. Riescono comunque a trovare un giardino pubblico e ci organizzano una festa che chiamano Alligator party ispirandosi alla presenza degli animali che si suppone vivano nel fiume. Installano delle amache che comunicano tra loro, un simbolo di ciò che cercano di produrre ogni volta che intervengono in luoghi dove le comunità convivono senza veramente parlarsi. In effetti, ne trovano più di venti, ne scrivono i nomi su una fotografia aerea della città, che compongono su delle grandi fiches di una sorta di domino. Durante una seconda visita, si posizionano all’entrata di un ponte levatoio che aspetta di essere aperto, trascorrono con gli automobilisti i 15 minuti necessari per il passaggio delle barche, e offrono il caffè ai finestrini delle macchine. In questa azione che chiamano Free bridge coffee, meantime / meanspace (frattempo / fraspazio) trovano una maniera di inserire lo spazio privato nello spazio pubblico.

Stalker fino a quel momento voleva manifestare lo spazio praticandolo con delle azioni dove il camminare e le installazioni erano il fulcro. Dal 1999, un evento lo fa evolvere (l’intervento a Miami ne è un po’ un tracciante). Quell'anno cinquemila curdi da tutta Europa sono arrivati a Roma per supportare il loro leader Ocalan, venuto a chiedere asilo politico. Vicino al Colosseo, in pieno centro, hanno costruito una sorta di favela di cartone. Gli Stalker, come molti romani, si interessano al loro caso, e si rendono conto che questa comunità ha creato tra le baracche e le rovine dei luoghi d'incontro, caffè improvvisati, parrucchieri, ecc. Una sorta di spazio pubblico che non lascia indifferenti. Quando vengono invitati a partecipare alla Biennale dei Giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo, il laboratorio approda al Campo Boario, dentro l'ex Mattatoio di Roma, già occupato da Rom italiani, e migranti magrebini e senegalesi. Propongono un workshop, dal 4 all’8 giugno intitolato: “Da Cartonia a Piazza Kurdistan”. Per l’occasione, l’edificio è ribattezzato Ararat, ispirandosi alla montagna curda su cui si è arenata l’Arca di Noè dopo il diluvio[xx]. Per quattro giorni i curdi raccontano il loro viaggio in un’atmosfera di studio e di festa. Prendono la parola artisti come Cesare Pietroiusti e Luca Vitone, e anche intellettuali, architetti, urbanisti e antropologi come Stefano Boeri, Franco la Cecla, lo scrittore Enzo Fileno Carabba. Degli studenti venuti apposta da Reggio Calabria abitano e cucinano con le famiglie curde, allestiscono delle stanze dove prendere il tè e mettono in piedi una biblioteca per poter studiare le culture e le popolazioni costrette all’esilio. Si discute il tema del viaggio e dell'identità dei popoli sfollati e oppressi. Il Campo Boario viene trasformato gradualmente in un luogo di ospitalità e di incontro. “In definitiva, si sta trasformando un territorio reale in un luogo in cui si sperimenta direttamente il potenziale di scambio tra attività artistica e solidarietà civile. Il Pranzo Boario è un pasto organizzato e condiviso con tutte le comunità presenti[xxi], mentre Il Tappeto Volante è un'installazione itinerante costruita nel laboratorio multiculturale di Ararat".  [xxii]

In un testo che riassume le conclusioni del suo libro “La coscienza dell'occhio: progetto e vita sociale nelle città”, Richard Sennet riflette sui modelli politici che le nostre società moderne hanno ereditato nel pensare il loro spazio pubblico. Ne evidenzia due in particolare: il Theatrum Mundi, nato nell'Antica Roma come spazio rituale basato su attività che potevano essere ripetute, e l'Agorà greca, che incoraggiava la libera discussione. L'Agorà era un luogo che favoriva il dibattito e le opinioni contraddittorie perché era disordinata, senza gerarchie o segregazioni tra usi profani e sacri. A Richard Sennet sembra che la dissonanza sia davvero "il fondamento della socialità come sensibilità all'altro". Il resto del testo potrebbe essere stato scritto appositamente per gli Stalker, e credo che trasmetta molto bene la loro concezione dello spazio pubblico e i problemi che pone alle società contemporanee, se ricordiamo anche che non sono un gruppo di agitatori politici o uno studio di urbanisti: "Credo che il modello dell'Agorà dovrebbe aiutarci a spostare la nostra visione della città. Non è una comunità né il centro di una comunità che può costituire il regno pubblico. Per noi, è il confine tra le comunità, è il limite in cui la differenza diventa evidente, a costituire il luogo del pubblico. È lì che si sviluppa il riconoscimento dell'altro, è lì che si può risvegliare la sensibilità verso l'altro"[xxiii]. Ciò significa che il dominio pubblico si sta sviluppando ai margini, non solo al centro, e che dobbiamo ridefinire la condivisione delle attività al di là di ciò che è utile. Tuttavia, "l'aspetto fastidioso dell'urbanistica di oggi è che si sforza di razionalizzare lo spazio, ma considera i margini privi di significato perché non è in grado di dire quali popolazioni li abitano".

È grazie all’esperienza del Campo Boario che nel 2002 nasce l’idea di portare quanto appreso altrove, generando così nel 2002 l’Osservatorio Nomade. Diversi progetti sono in corso e alcuni vedono la loro nascita in quel momento. Via Egnata, presentato al Palais de Tokyo dalla primavera all’estate del 2003, nell'ambito della mostra GNS, si propone di riunire le storie degli esuli - albanesi, armeni, bulgari greci, slavi, turchi e curdi - che hanno dovuto andare in esilio seguendo più o meno l'antica strada romana che doveva andare da Roma a Costantinopoli. Passando per l'Italia meridionale, essa collegava Epiro, Macedonia e Tracia. Queste storie, spiegano gli Stalker, "saranno raccolte da una On travelling Egnatia Agency nelle principali città europee che sono i termini degli spostamenti legati alla Via Egnatia, come Atene, Berlino, Istanbul, Parigi e Roma, ma anche lungo la Via Egnatia".[xxiv]  Chi ha compiuto il viaggio ne disegnerà una mappa incidendola su una pietra e poi sceglierà il luogo dove vuole che riposizioniamo la sua opera, per farne una sorta di “pietra miliare della memoria” come dice Stalker.

È stato un invito di Guy Tortosa che ha offerto l’occasione di un altro progetto a Faux la Montagne, vicino a Vassivière. Interrogandosi sul modo in cui il centro d'arte s’inserisce nel paesaggio locale, gli Stalker hanno notato la problematica coesistenza di una comunità di "neo-rurali", che vivono lì da circa vent'anni, e degli abitanti del luogo, che hanno ancora difficoltà ad accettare questi "nuovi arrivati". Parlando con loro si sono resi conto che il luogo di incontro informale di queste comunità era il lavatoio di fronte alla scuola. Stalker ha quindi immaginato insieme ai bambini una sorta di gioco dell'oca, con il lavatoio come punto di partenza, che permettesse loro di esplorare il villaggio raccontando una serie di storie. Cosa si può fare quindi in questa nuova area, che definisce uno spazio di mezzo tra le due comunità? I bambini intervistati hanno chiesto piste da skateboard. Proponendo dei playgrounds con l'obiettivo di risocializzare e far dialogare gli individui, gli Stalker riprendono più o meno consapevolmente una pratica che oggi si sta riscoprendo, quella di Aldo Van Eyck, morto nel 1999, che ha costruito più di 700 parchi giochi, trasformando di volta in volta i quartieri di Amsterdam in cui si inseriva. Quando iniziò, nel 1947, la maggior parte di questi parchi giochi erano di proprietà privata e si trovavano in aree residenziali.[xxv] I playgrounds da lui creati seguivano un principio di composizione non gerarchica, per cui la sabbiera, ad esempio, non concentrava tutta l'attenzione, ma il centro si spostava in base al rapporto che gli elementi avevano tra loro e in base all'attività del bambino. Le aste per arrampicarsi erano disposte a forma di tunnel, in modo da potersi trasformare in una sorta di capanna dove i bambini potevano giocare e inventare nuovi spazi. Senza dubbio gli Stalker avevano in mente questo, dato che Van Eyck era amico stretto di Constant e che Francesco Careri, un membro degli Stalker, ha scritto un libro su Constant...[xxvi]

È interessante che gli Stalker siano ora esposti in uno dei principali centri d'arte contemporanea francesi. Non sono artisti nel senso stretto del termine, anche se la loro pratica attinge a piene mani dall’arte o, meglio, da alcune delle sue forme più contemporanee. Abbiamo già accennato alla Land Art concentrandoci su Smithson, ma avremmo potuto parlare di Michael Heizer, di Richard Long e di Hamish Fulton, citare Wolf Vostel, Alan Kaprow o il movimento Fluxus. Potremmo parlare anche di cinema, poesia e architettura, di tutto ciò che intensifica la percezione e mette la mente sulle tracce di nuove sensazioni in grado di produrre nuovi pensieri. Sebbene molti degli Stalker siano architetti, non danno all'architettura o all'urbanistica, o alla progettazione del paesaggio, alcuna priorità. Anche se le loro preoccupazioni ruotano intorno alla città e allo spazio pubblico, credono, come Cesare Brandi, che "lo spazio che appartiene all'architettura non è un luogo geometrico e individualizzato, non è la proiezione ideale di un pensiero umano o il contenitore del nostro essere-nel-mondo, ma, in realtà, è il nostro stesso essere-nel-mondo, invisibile e indistinguibile".[xxvii]

L’obiettivo che gli Stalker si sono posti è di rendere visibile e di distinguere per non ignorare o semplicemente confondere. Distinguere significa sottolineare i limiti tra le cose, evidenziarli per trasformarli, se necessario, in frontiere, in zone intermedie che, senza essere vedute della mente, esistono solo se attivate da essa nel confronto con l'altro. Da qui l'importanza per loro di un'opera come Transborderline, esposta alla Biennale di Venezia, alla Manifesta di Lubiana e nei giardini di Villa Medici nel 2000[xxviii]; è costituita da una vasta spirale che si estende per diversi metri come un filo spinato, ed evoca un confine immaginario all'interno del quale sono consentiti gli scambi, ma che presuppone l’impossibile situazione di passare da un bordo all'altro, rimanendo sempre dentro lo spazio della frontiera.

Stalker è un catalizzatore, un “attivatore” di spazio; il suo registro d’intervento è la performance, il suo luogo di azione il territorio, la suo supporto visibile è l’immagine, cartografica, fotografica o filmica. Non si tratta solo di “registrare” un’esperienza ma di tradurla visualmente. Il registro è del dominio dell'archivio e questo archivio, che sta diventando sempre più grande, è aperto a chiunque sia interessato alle loro attività. La traduzione invece è il registro dell’invenzione di altri linguaggi e altri spazi, e non solo la trasformazione di una lingua diversa in una familiare o conosciuta. Non si tratta di usare concetti presi in prestito dall'architettura per spiegare ciò che l'esplorazione di nuovi territori ha insegnato loro, perché così facendo si condannerebbero a ricondurre il nuovo al vecchio.[xxix] Si tratta invece di trovare le modalità di esprimersi nel fare queste esperienze, di creare delle condizioni di visibilità sia per gli altri che per loro stessi. Non c'è niente di più assurdo che immaginare che basti guardare per vedere ciò che passa davanti alla maggior parte delle persone ogni giorno senza essere notato. Se gli Stalker vedono qualcos'altro e lo fanno vedere agli altri, è perché creano nuovi luoghi per farlo. Il mondo dell'arte è quello che offre loro più opportunità, quello più capace di attivare questi processi creativi, con il rischio che ne vengano assorbiti. Perché è un mondo che usano e con il quale non possono identificarsi, pena la perdita della propria identità, che è composita, polimorfa e in continuo mutamento, come i territori che esplorano. Stalker è un "acrobata", il che significa letteralmente che cammina sulle estremità, in equilibrio pericoloso e seguendo un unico filo dalle molteplici biforcazioni, un filo sul quale dobbiamo andare avanti sapendo diventare occasionalmente Stalker, o cercando, sulle loro orme, di ritrovare il vertiginoso punto di vista che potremmo avere. Si tratta di una posizione naturalmente insostenibile, che spiega perché Stalker deve avanzare ed evolversi pur rimanendo inafferrabile. Stalker sposta la frontiera della periferia al centro per trovare nuovi confini e conquistare nuovi spazi. Deve segmentare, dividere e scrutare le cavità dei territori che sono come le tante pieghe dello spirito umano.

Portare in superficie pensieri selvaggi e cacciarli "in avanti", senza sistemi né organizzazione, lontano dal ritmo accademico di scuole e istituzioni, estendere processi già iniziati, riprendere e continuare brani interrotti che aprono nuove strade, giocare con la scala delle cose rifiutando di misurare il mondo: questo è ciò che Stalker fa "senza ordine e non forse in una confusione senza scopo", per usare le parole di Pascal. Se l'attività di Stalker ha a che fare con l'arte, è certamente nel senso inteso da Deleuze e Guattari, nel senso che attiva la vita liberando forze piuttosto che componendo forme. Queste forze "a volte si lasciano selezionare dal territorio, e sono le più benevole a entrare in casa. A volte lanciano un richiamo misterioso che strappa l'abitante dal territorio e lo fa partire per un viaggio irresistibile, come i fringuelli che si radunano improvvisamente a milioni, o le aragoste che partono per un immenso pellegrinaggio verso il fondo del mare"[xxx], o come la pantera che si moltiplica per dieci, quindici o cento volte, apparendo contemporaneamente in mille punti della città e scomparendo all'alba senza lasciare traccia.

 


[i] Manifesto Stalker, depliant della prima mostra personale « Stalker à travers les territoires actuels », Galerie I.A.V., Orléans, 1997. Testo scritto da Lorenzo Romito in occasione della mostra Mappe a Milano nel gennaio del 1996.

[ii] "Sotto le sue molteplici forme Stalker si prepara ad affrontare contraddizioni apparentemente insolubili: la possibilità di salvaguardare attraverso l'abbandono; di rappresentare attraverso la percezione sensoriale; di proiettare l'instabilità e la mutevolezza di questi luoghi". Ibid.

[iii] "Se questo atto è un omaggio esplicito all'artista americano, è anche un modo di trattare la memoria dei suoi gesti attraverso lo spostamento, di integrare Smithson in un'attualità di mobilità per sottolineare le relazioni fertili tra la Land Art e il nomadismo attuale, relazioni che sono ampiamente messe in scena nelle città o riterritorializzate negli ambienti suburbani". Thierry Davila, Marcher créer, Editions du regard, 2002, p.36.

[iv] Robert Smithson, A tour of monument of Passaic, Artforum, 1996. Vedi anche il testo di Jean-Pierre Criqui, « Ruines à l’envers », in Un trou dans la vie. Essais sur l’art depuis 1960, Paris, Desclée de Brouwer, 2002.

[v] Robert Smithson, « Une visite des monuments de Passaic, New Jersey. » trad. Fr. Béatrice Trotignon, Les Cahiers du Musée National d’Art Moderne, Paris, Printemps, 1993, n°43, p. 22.

[vi] Testo inedito. Archivio Stalker

[vii] In Walter Siti, (a cura di), Pier Paolo Pasolini, Tutte le poesie, vol.1, collezione "I Meridiani", Arnoldo Mondadori, Milano 2003, pp. 754-755 

[viii] Troviamo questa citazione di Chatwin nel libro di Stalker A travers les territoires actuels, Jean-Michel Place, Parigi, 2000: "Psichiatri, politici e tiranni continuano a dirci che la vita nomade è un comportamento anormale, una nevrosi, una forma di desiderio sessuale insoddisfatto, una malattia che deve essere sconfitta per il bene della civiltà. Gli orientali, invece, hanno conservato un concetto più universale: la vita errante ripristina l'armonia originaria che esisteva un tempo tra l'uomo e l'universo".

[ix] A titolo di esempio la sigla usata da un gruppo protostalkeriano che si firma NASCA (Nucleo Anti Sofisticazione Culturale e Architectonica,) che significa anche avere un naso con la gobba in romanaccio.

[x] Sull'opposizione tra banda e famiglia vedi Hakim Bey, T.A.Z. Temporary Autonomous Zones, traduzione dall'inglese di Christine Tréguier, Editions de l'éclat, Parigi, 1997. Sulle comunità di pirati si veda W. Defoe, L'histoire générale des plus fameux pirates, Paris, Phébus, 1990, a cui fa riferimento anche Hakim Bay e che è servito in parte da modello per la sua concezione di T.A.Z, che prende in prestito anche dai surrealisti e dai situazionisti.

[xi] Sul Giro di Roma vedi Guy Tortosa, Stalker. A travers les territoires actuels, Jean-Michel Place, Paris, 2000. Dove è pubblicato con qualche modifica il « Manifeste Stalker » il testo pubblicato sul depliant della galerie I.AV à Orléans nel 1997. Vedi anche Thierry Davila, Marcher, créer, op. cit., p.135 -150

[xii] Intervista per Archimade a cura di Stephane Collet e Philippe Rahm con Lorenzo Romito e Francesco  Careri, 1° juillet 2001.

[xiii] Vedi Flaminia Gennari e Emanuela De Cecco, « Progett/ azioni. Tra i nuovi esploratori della città contemporeana », Flash Art Italia, oct-nov 1996.

[xiv] In realtà non si trattava degli arrondisement di Parigi ma dei meridiani terrestri riportati sulla mappa. L’oper di francesco Careri si chiama Meridiano + Farina, realizzata in occasione dell’azione di Stalker Sortir de Paris, marzo 1997. (N.d.T.)

[xv] Gli Stalker riprendono in pratica l'idea di Foucault di una "descrizione sistematica", o studio di questi "spazi altri", che "si potrebbe chiamare eterotopologia", Dits et écrits, I, Paris, 2001, Gallimard, "Quarto", p. 1575.

[xvi] Emmanuel Hocquard, « Taches blanches », Ma Haie, P.O.L., Paris, 2001, p.401 et sq

[xvii] Francesco Careri, Walkscapes, Gustavo Gilli, Barcelone, 2002.

[xviii] Lorenzo Romito Stalker, Peter Lang and Tam Miller, éditors, Suburban discipline 2, Princeton architectural Press, 1997, p. 132-133. Si tratta del diario di viaggio che è stato anche ripubblicato in A travers les territoires actuels, op. cit.

[xix] La psicologia sperimentale di Kurt Lewin tra le due guerre mondiali ha dato origine alla nozione di spazio hodologico, concetto poi ripreso da J.B. Jackson in diversi suoi testi, tra cui A la découverte du paysage vernaculaire (tradotto in francese da Xavier Carrère, Paris, Actes-Sud - ENSP, 2003). Su tutto questo rimando al mio articolo, "Hodologique", che apre il numero 11 di Carnets du Paysage, e ai testi di Jean-Marc Besse e Sandra Alvarez de Toledo che ne completano l'evoluzione (in uscita nella primavera del 2004).

[xx] Ararat è anche il nome di una nave che trasportava rifugiati curdi, attraccata in Calabria, nel 1997 e da cui è nata l’esperienza di accoglienza di Badolato.

[xxi] In collaborazione con Asako Iwana e il Pop-up- Café di Tokyo.

[xxii] Ana Jawsdeki, archivio Stalker, testo inedito. Il Tappeto Volante è una rappresentazione in scala quasi 1:1 della Cappella Palatina di Palermo, costruita dai Normanni con corde e tubi di rame sospesi, la cui architettura riprende lo stile arabo-musulmano dell'epoca. Si dice che fosse un luogo di culto per cristiani, ebrei e islamici.

[xxiii]   Richard Sennet, "La coscienza dell'occhio. L'espace du public les compétences du citadin". Plan Urbain-éditions recherches, Parigi, 1991, p.34

[xxiv] Rispettivamente nell'ambito della Biennale, di Manifesta 3 e della mostra "La Ville, les jardins, la mémoire". Su questo pezzo si veda anche Luca Galofaro, Artscape. El arte como aproximacion al paisaje contemporàneo, Editorial Gustavo Gil, 2003, p. 105-107.

[xxv]   Lavorando per la città fino al 1951, Aldo Van Eyck continuò a costruire parchi giochi fino al 1978.

[xxvi]   Francesco Careri, Constant. New Baylon, una città nomade, Universale di Architettura, 2001. A pagina 23 del libro sono riportate le fotografie di una "struttura in cemento per un parco giochi per bambini" (1955) e di un progetto per "attrezzature da gioco per la città di Amsterdam" (1956), entrambi commissionati da Aldo van Eyck.

[xxvi]  G.N.S, Palais de Tokyo, Edizioni Cercle d'Art, Parigi, 2003, p.202

[xxvi]  Cesare Brandi, "la spazialità antiprospettica" in Bruno Zevi, ed, Archittetura concetti di una controstoria, Roma, Newton Compton, 1994, p. 74. Citato da Lorenzo Romito, Stalker, art. cit, p.133.

 

[xxviii] "Territori come questi, di difficile comprensione, si prestano quindi a essere oggetto di progetti, poiché sono privi di una collocazione nel presente e sono estranei ai linguaggi contemporanei. La loro conoscenza può essere acquisita solo attraverso l'esperienza diretta; gli archivi di queste esperienze sono l'unica cartografia dei Territoires actuels",

"Manifeste Stalker" Stalker. A travers les territoires actuels, op. cit.

[xxx]   Gilles Deleuze e Félix Guattari, Qu'est-ce que la philosophie, ed. Minuit, Parigi, 1991, p. 176.


LA VRAI LEGENDE DE STALKER

L’exposition qui s’ouvre au Capc de Bordeaux le 5 février 2004 coïncide avec les dix ans d’activités de Stalker. Cette coïncidence est loin d’être fortuite, puisque l’acte de naissance du « groupe » est absolument arbitraire et varie suivant que l’on considère tel ou tel événement plus important ou plus marquant que tel autre. Si l’on s’intéresse au nom « Stalker », il faudrait plutôt retenir l’année 1995. Si l’on prend pour critère le moment où se sont rencontrés les premiers participants de ce rassemblement informel on remontera jusqu’ aux grandes grèves étudiantes du début de la décennie précédente, et l’on pourra choisir 1990. Si l’on pense que c’est au moment où ils cessent d’être étudiants que les Stalker commencent à exister comme tels, on choisira 1993, l’année même où se met en place l’opération politique de lutte contre la corruption connue en Italie comme à l’étranger sous le nom de « Mani pulite ». Si l’on considère enfin que les Stalker entérinent la fin d’une époque tout en réagissant à un certain état de délabrement du paysage politique italien et international, on penchera plutôt pour l’année 1994 qui est aussi celle ou entre sur la scène politique le « Cavalier »  à la sinistre figure. 

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Il est en réalité difficile de parler d’un « groupe » - on le fait par commodité et c’est pourquoi mieux vaut écrire le mot entre guillemets - ou d’évoquer même un noyau d’origine et sa nébuleuse d’activistes en nombre variable. Certes le label est déposé et six personnes font partie de « l’association culturelle » qu’il est censé représenter. Mais c’est là une commodité administrative, plutôt un leurre en fait, qui permet d’intégrer une quantité indéfinie d’individus capables de contribuer en telle ou telle occasion à la mise en œuvre de divers projets. Car plus qu’un ensemble de personnes qui constituerait un mouvement, plus encore qu’un « sujet collectif », comme il se définit lui -même en 1996 , Stalker qui se veut être un « laboratoire », est avant tout une « attitude », et l’on sait bien que lorsque les attitudes deviennent formes, c’est pour acquérir une visibilité et communiquer quelque chose dont elles témoignent, à savoir essentiellement une pratique en évolution.  Le risque est toujours de figer un mouvement, une dynamique qui prend le plus souvent des formes très diverses et parfois tout à fait contradictoires . 

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Il revient en général aux historiens de l’art, des civilisations ou des mentalités de réfléchir aux périodisations, aux styles et à leur évolution, d’analyser les causes politiques et les déterminants sociaux qui ont présidé à leur émergence. Mais pour peu qu’un ou plusieurs individus se mettent à penser à ce qu’il font, à la place qu’ils occupent, se pose aussitôt pour eux la question de leurs origines et de leurs filiations comme celle de leurs référents premiers. Les romantiques allemands se réclamaient entre autres de Platon, de Cervantes et de Chamfort. Les Surréalistes se voulaient « la queue » de cette sensibilité romantique mais revendiquaient également comme de proches parents Isidore Ducasse, Rimbaud ou Mallarmé, aussi bien que Dante ou Shakespeare, et considéraient surréalistes parmi bien d’autres Edgard Poe « dans l’aventure » et Hugo  « quand il n’est pas bête ». Les Situationnistes citaient volontiers Marx ou Feueurbach mais Guy Debord en tenait pour le Cardinal de Retz et Balthasar Gracian. Ainsi, le 3 mars 1996, dans le même esprit, les Stalker réalisent – ils, sur une carrière abandonnée dans la banlieue de Rome, Stalker rundown, (hommage à Robert Smithson). Par une circularité dont ils ont l’art ils renversent 96 pour retrouver 69, l’année même où l’artiste américain venu  à Rome avait, en déversant une benne de goudron dans une carrière produit Asphalt rundown, documentant l’opération au moyen d’un film, d’une carte et d’un série de photographies. Répétant le même système, les jeunes italiens qui ont retrouvé le site plus de vingt cinq ans après, dévalent dans la pente comme des tonneaux et incrustent dans l’image noir et blanc de la décharge cinq vignettes où ils apparaissent d’abord debout sur le bord puis en pleine action, l’ensemble donnant à la fois un sentiment de chute et de suspension, dans le temps et dans l’espace . 

*

Là où, dans les années soixante, se trouvait une carrière de silex abandonnée, une lande désolée livrée aux excavatrices, il existe désormais une sorte de réserve naturelle où l’on peu apercevoir ça et là quelques restes témoins de l’ancienne activité industrielle. L’eau a rempli les vastes dépressions faites autrefois dans le sol et qui abritent aujourd’hui au milieu d’une végétation sauvage une grande variété d’animaux aquatiques, des salamandres et des colonies d’oiseaux. Dans le texte qui accompagne leur propre carte les Stalker superposent l’action de Smithson à Rome et sa promenade à Passaic dont il rendit compte la même année dans le numéro d’octobre de Artforum, parodiant le style des promenades pittoresques du dix -neuvième siècle où sont évoqués divers monuments remarquables, ici des reliquats industriels élevés à la dignité de ruines antiques . Parmi ces monuments, un bac à sable est pour Smithson l’occasion de jouer une nouvelle fois avec la notion d’entropie en spéculant sur une réversibilité possible du temps. Citant ce passage où le bac à sable peut aussi  apparaître comme « une tombe dans laquelle les enfants s’amusent en riant » , le texte de l’hommage conclut : « Ces enfants ne sont-ils pas une métaphore de l’humanité qui en transformant la terre ne font qu’augmenter le chaos et se rapprocher de la fin ? 

Et pourtant la carrière de silex, un espace ainsi transformé par l’homme est aujourd’hui un environnement parfaitement vivant, comme si la terre avait été excitée par tant de bouleversements et que la nature offensée avait consacré toutes ses forces à resurgir plus riche qu’ailleurs. Existe-t-il peut-être un processus contraire à l’entropie, dans ces mêmes passés inconscients des enfants qui jouent, un processus créatif qui, par l’ironie du sort, amène la terre à une nouvelle vie, ou, pour paraphraser Robert Smithson, un jeu de reflets entre passé et futur ?

Dans cet espoir, tout comme ces enfants, nous avons joyeusement joués sur ce monticule entropique, nous avons dévalé jusqu’en bas en souvenir de la coulée d’asphalte. Une action infantile pour fêter la découverte de ce lieu que nous dédions aujourd’hui à Robert Smithson. » 

*

Un an plus tôt, le 4 Novembre 1995, les Stalker avaient rendu un autre hommage à Pasolini près du Mandrione, un ancien aqueduc romain, intitulant leur action « Walkabout Pasolini ». L’intervention, cette fois, consistait  à répandre 300 mètres d’asphalte peints en bleu le long de la via del Mandrione en référence aux vers d’un poème sans titre de PP Pasolini de 1951, distribué en même temps, photocopié sur une feuille. 

[…] un peu en dehors du centre éclairé,

                à côté de ce silence, une route

                d’asphalte bleue, semblait plongée

                dans une vie immémoriale, intense 

                et combien antique 


L’hommage fait naturellement penser à celui que rendra, un peu après, Nanni Moretti dans Journal intime quand il se fera filmer sur sa vespa en train de se rendre sur le terrain vague où le poète fut assassiné – terrain que les Stalker ont traversé lors de leurs explorations suburbaines. Sans compter que le mot de « walkabout » est un clin d’œil à Chatwin et à son livre Le chant des pistes qui est une des référence importantes de Stalker . Si les artistes du Land art ont été déterminants pour Stalker, si une certaine forme de cinéma a aussi beaucoup compté pour eux, la dérive situationniste a naturellement servi d’étalon et de point de départ à des expériences qui s’en éloignent pourtant beaucoup, tant par la méthode que par l’esprit, même si l’idée d’espace « psychogéographique » est tout à fait opératoire pour comprendre les marches des Stalker.

*

Des surréalistes et des situationnistes, en effet, les Stalker gardent un certain sens du jeu, du hasard et de la rencontre, un intérêt pour l’exploration urbaine systématique mais, à la différence de leurs aînés, ils s’éloignent délibérément des centres villes pour explorer la périphérie et les marges. S’ils reviennent au centre c’est par des chemins peu explorés, ignorés des grands axes empruntés par la plupart des citadins. De même s’ils ont aussi un goût pour la provocation et l’improvisation, ils n’en ont aucun pour la rhétorique de parti et pour les cérémonials d’exclusion. Ici, il n’y a pas de chef. Certain écrivent, d’autres dessinent ou filment : qu’ils soient paysagistes, architectes, astrophysiciens ou artistes, tous participent et discutent à des degrés divers des actions à entreprendre. Il n’y a pas de permanents et de « sympathisants », de « situ » ou de « pro-situ » : pour reprendre un vocabulaire propre aux organisations politiques de gauche et, en l’occurrence ici, au parti communiste mais en le détournant à dessin et opportunément, me semble-t- il, on peut dire qu’il n’y a que des « compagnons de route ». 

En 1990, pendant les grandes grèves étudiantes à Rome contre la privatisation des universités, les premiers Stalker prennent conscience d’appartenir à une nouvelle génération. Ils sont quarante ou cinquante qui travaillent ensemble dans différentes associations aussi éphémères les unes que les autres.  Cette année restera dans les mémoires sous le nom de La pantera. A l’époque en effet une panthère s’était échappée du zoo de Rome ; chaque semaine elle apparaissait quelque part puis disparaissait à nouveau. Nul ne sait plus si on l’a finalement retrouvée. L’histoire est devenue emblématique pour ces jeunes gens qui se considéraient comme mobiles et insaisissables. Un peu à la manière des boucaniers ou de certains groupes anarchistes Stirnerien, les Stalker ont occupé des îlots ou des « interzones », abandonnés aussitôt repérés et trop précisément identifiés. Sans faire référence à la piraterie, ils partagent avec elle cet idéal égalitaire et constituent une « bande », qui fonctionne par amitié, groupes d’affinités et réseaux d’intérêts, ouverte et polymorphe —  par opposition aux cercles clos, conçu sur le modèle familial avec initiation et rites de passage.  La chose ne va pas sans risques et dix ans plus tard – si l’on maintient cette fiction anniversaire – Stalker menace peut-être plus encore que jamais de se dissoudre et de disparaître, suivant en cela une tendance qui fut toujours la sienne.

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En 1995, du cinq au huit octobre, durant quatre jours et trois nuits les Stalker réalisent le tout de Rome à travers les friches, les terrains vagues, les zones interstitielles et abandonnées de la ville . Cette opération, à laquelle ils ont su tout de suite donner une certaine publicité, est sans doute devenue depuis la plus célèbre. Ce « laboratoire d’art urbain » va prendre son nom à dater de ce moment-là et c’est une des raisons pour lesquelles on a tendance à faire remonter les origines de Stalker à cet événement. Car, comme l’explique Francesco Careri, « au moment où nos premières expériences se sont déroulées, nous n’avions pas encore de nom. C’est un journaliste qui nous a rendu attentif au fait que le film Stalker du cinéaste russe Andrei Tarkovski avait beaucoup de similarité avec notre démarche lors de notre projet de “ Tour de Rome “ c’est à dire avec cette idée de visiter quelque chose d’inconnu. Stalker en anglais signifie “maniaque“, c’est celui qui suit les gens, ça peut même être un chef d’accusation ! Mais c’est surtout un terme de chasse, un terme archétypique d’une société de nomades, d’errants, de cueilleurs. En russe, c’est le miroir de la vie, de la réalité. Dans le film, c’est une représentation, c’est une réalité transformée par un état d’âme. » 

En janvier 1996 ils participent au laboratoire Mappe organisé par Emmanuela de Cecco en suivant deux itinéraires à travers les zones abandonnées de la périphérie milanaise . En avril de la même année ils tentent une expérience similaire mais à l’étranger, cette fois, en sortant de Paris à partir de La Flèche d’Or, une ancienne gare de la petite ceinture reconvertie en bar et en salle de concert. Ils passent par les « murs à pêche » de  Montreuil pour marcher jusqu’à l’aéroport Charles de Gaulle. Lorsqu’ils sont encore dans Paris, chaque fois qu’ils traversent une ligne qui, sur le plan, marque le limite de deux arrondissements, Francesco « Piccio » Careri parti en reconnaissance devant les autres,  verse de la farine pour préparer le parcours. 

*

Ces opérations corresponent à l’époque ou les Stalker sont engagés dans l’analyse de ce qu’ils appellent les « territoires actuels » entendant pas là, en référence à Michel Foucault, des territoires en devenir, en mutation . Mettre en évidence ces « délaissés », ces interstices ou ces « taches blanches » dont parle Emmanuel Hocquard pour caractériser dans l’acte de traduire, les espaces vacants de la langue qui, comme autrefois les régions inexplorées sur les carte, ouvrent à la pensée de nouveaux horizons, ce n’est pas chercher d’autres lieux à occuper . C’est au contraire préserver des zones de « libre échange » dans un monde de plus en plus surveillé. La société de contrôle qui est la nôtre perd  progressivement conscience de l’être en  troquant la sécurité contre l’aventure, les échanges planifiés contre les rencontres de hasard. « Ces amnésies urbaines, écrit Francesco Carreri, ne sont pas simplement en attente d’être remplies de choses, mais sont des espaces vivants qu’il faut remplir de sens. » 

Dans un texte inspiré qui évoque par moments le style de Smithson, Lorenzo Romito déclare, en introduction à ces quatre journées du tour de Rome dont il rend compte sous la forme d’un journal, : « Nous avons voyagé à travers le passé et le futur de la ville, à travers ses souvenirs oubliés et son devenir inconscient, sur un territoire crée par l’humain mais par- delà sa volonté. Dans ce vide, nous identifions une géographie éphémère et subjective, les propositions instantanées d’un monde en continuelle transformation. En fait nous avons créé un espace sans l’avoir planifié ou construit, en le traversant simplement. »  Dans ces replis du temps et de l’espace, de nouveaux comportements, de nouvelles formes de relations semblent possibles. Mais, comme le dit un personnage du film de Tarkovsky, « je ne sais pas ce qui se passe, ça ne dépend pas de la Zone, ça dépend de nous » déclarant dans une autre séquence que, ici, « le chemin le plus droit n’est pas le plus court. ». Ce qui définit parfaitement un espace hodologique, c’est à dire un espace affectif dont les repères correspondent à un ensembles d’actions, un trajet par exemple, plutôt qu’à un plan avec ses systèmes de coordonnées géométriquement calculés. La carte de Rome qui rend compte de cette marche en porte en quelque sorte l’empreinte : c’est une carte, où, paradoxalement, le territoire est représenté aussi à hauteur d’homme.  

*

En 2000, invité par Peter Lang,, les Stalker font une longue marche le long de la Miami River pour vérifier que le sol est bien entièrement privatisé. Il finissent pourtant par trouver un jardin public dans lequel ils vont organiser une fête qu’il appellent Alligator party en référence à la proche présence de ces animaux supposés vivre dans la rivière. Ils installent des hamacs qui communiquent entre eux et symbolisent ce qu’ils recherchent à produire chaque fois qu’ils interviennent dans des lieux où des communautés coexistent sans vraiment se parler. Ils en repèrent d’ailleurs plus d’une vingtaine dont ils inscriront ensuite les noms sur une photographie aérienne de la ville et qui composent, ainsi identifiées, des sortes de dominos. Lors d’un second séjour, ils se posteront à l’entrée d’un pont ouvrant pour attendre avec les automobiliste le quart d’heure nécessaire au passage des bateaux tout en leur offrant un café. Ils trouvent dans cette action, appelée par eux Free bridge coffee, meantime/ meanspace (entre-temps - entre espace), une façon d’inscrire l’espace privé dans l’espace public.

 Stalker avait eu pour objectif jusqu’alors de révéler l’espace en le « pratiquant » à travers un certain nombre d’actions dont la marche et diverses installations constituaient le centre. A partir de 1999, un événement va le faire évoluer (et l’intervention à Miami en porte d’une certain façon la trace). Cette année - là, cinq milles kurdes ont suivi leur leader Ocalan qui a demandé l’asile politique et se sont installé à Rome.  Près du Colisé, en plein centre de la ville, ils ont construit une sorte de favela en carton. Les Stalker qui, comme bon nombre de romains, s’intéressent à leur cas, se rendent compte que cette communauté a crée des lieux de rencontre, des café improvisés, des salons de coiffures etc., un forme d’espace public en somme qui ne peut laisser personne indifférent. Lorsqu’on leur demande de participer à La Biennale des jeunes artistes de l’Europe et de la Méditerranée, le laboratoire investit le Campo Boario, les anciens abattoirs de Rome, déjà occupé par des gitans, des maghrébins et des sénégalais. Ils proposent un workshop, du 4 au 8 juin, intitulé : « De Cartonia à Piazza Kurdistan ». Le bâtiment, pour la circonstance, est rebaptisé Ararat, du nom de la montagne Kurde sur laquelle se serait échouée l’arche de Noé après le déluge . Pendant quatre jours les Kurdes racontent leur voyage dans une ambiance à la fois studieuse et festive. Des artistes, Cesare Pietroiusti, et Luca Vitone, des intellectuels — parmi lesquels les architectes urbanistes ou anthropologues Stephano Boeri et Franco la Cecia, et l’écrivain Enzo Fileno Carabba — prennent la parole. Des étudiants de Régio – Calabre, font la cuisine avec les familles installées-là, aménagent des salles où prendre le thé et constituent une bibliothèque pour pouvoir se documenter sur les cultures des populations contraintes à l’exil. On débat sur le thème du voyage, et de l’identité des peuples déplacés et opprimés. Le Campo Boario se transforme peu à peu en lieu d’accueil et de rencontres. « Finalement on transforme un territoire actuel en lieu où se vérifient directement les potentialités de l’échange entre l’activité artistique et la solidarité civile. Il Pranzo Boario est le repas organisé et partagé avec toutes les communautés  présentes , alors que Il Tappeto Volante est une installation itinérante construite dans le laboratoire multiculturel d’Ararat. »  

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 Dans un texte qui synthétise les conclusions de son livre La conscience de l’œil, Richard Sennet réfléchit aux modèles politiques dont nos sociétés modernes ont hérités en réfléchissant à leur espace public. Il en dégage plus particulièrement deux, le Théatrum Mundi, qui provient de la Rome Antique, espace du rituel qui fonctionne sur des activités susceptibles d’être répétées, et l’Agora Grecque favorisant la libre discussion. Or l’agora était un lieu qui incitait au débat et aux opinions contradictoires car elle était désordonnée, sans hiérarchie ou ségrégations des usages profanes et sacrés.. Il semble à Richard Sennet que la dissonance était bien  alors « le fondement de la socialité en tant que sensibilité à l’autre ». 

La suite du texte pourrait être écrite tout exprès pour les Stalker, et traduit très bien me semble-t-il la conception qu’ils se font de l’espace public et des problèmes qu’il pose à nos sociétés contemporaines, si on se souvient aussi qu’ils ne sont pas un groupe d’agitateurs politique ou un cabinet d’analystes en urbanisme : « Je crois que le modèle de l’Agora doit nous aider à déplacer notre vision dans la ville. Ce n’est ni une communauté, ni le centre d’une communauté qui peuvent constituer le domaine public. C’est la frontière entre les  communautés, c’est la limite à partir de laquelle la différence devient apparente qui constitue pour nous le site du public. C’est là que se développe la reconnaissance de l’autre, c’est là que peut s’éveiller la sensibilité à l’autre. » Cela signifie que le domaine public se développe aux marges et non plus seulement au centre et qu’il faut redéfinir le partage des activité au - delà de ce qui est utile. Or, « ce qui est gênant dans la planification urbaine aujourd’hui, c’est qu’elle s’efforce de rationaliser l’espace mais considère ces marges comme sans signification parce qu’elle ne sait pas dire quelles sont les populations qui y vivent. » 

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C’est à partir de l’expérience du Campo Boario qu’est née, en 2002, l’idée de transporter ailleurs les acquis de cette expérience et de créer ce qui va s’appeler en 2002 « l’observatoire nomade ». Divers projets sont en cours dont certains ont vu un début de réalisation. Via Egnata, présenté au Palais de Tokyo au printemps et à l’été 2003, dans le cadre de l’exposition GNS, a pour objectif de réunir des récits d’exilés, albanais, arméniens, Bulgares Grecs, Slaves, Turcs, Kurdes qui ont dû s’exiler en empruntant plus ou moins cette ancienne route romaine qui devait partir de Rome pour aller jusqu’à Constantinople. Passant par le sud de l’Italie elle reliait l’Epire la Macédoine et la Thrace. 

Ces récits, expliquent les Stalker, « seront collectés par une “On travelling Egnatia Agency“ dans des villes européennes majeures constituant les terminus des déplacements liés à la Route de l’Egnatia, comme Athènes, Berlin , Istanbul, Paris et Rome, mais aussi le long de la route de l’Egnatia. »  L’auteur du périple dessinera une carte sur une pierre et désignera ensuite un endroit où il désire qu’on emporte pour en faire une sorte de  « borne kilométrique »  de la mémoire, suivant l’expression est de Stalker.

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C’est une invitation de Guy Tortosa qui a été l’occasion d’un autre projet à Faux la Montagne, près de Vassivière. En s’interrogeant sur l’inscription du centre d’art dans la région, les Stalker ont constaté la coexistence problématique d’une communauté de « néo ruraux », implantée là depuis une vingtaine d’années, avec les habitants originaires du lieu qui acceptent encore mal ces « nouveaux » venus. En interrogeant chacun pour comprendre où se trouvait l‘espace public, il est apparu que le lieu de rencontre informel de ces communautés était le lavoir face à l’école. Stalker a imaginé alors avec les enfants une sorte de jeu de l’oie dont ce lavoir serait la case départ et qui permettrait ainsi d’explorer le tour du village tout en racontant un certain nombre d’histoires.

Que faire alors dans cette nouvelle zone qui définit un espace mitoyen aux deux communautés ? Les enfants interrogés ont réclamé des pistes de skate. En proposant des « playgrounds »  dans un but de resocialisation et de dialogue entre les individus, les Stalker renouent plus ou moins consciemment avec une pratique aujourd’hui redécouverte, celle d’Aldo Van Eyck, mort en 1999, qui a construit plus de 700 terrains de jeu en transformant à chaque fois les quartiers d’Amsterdam où il les implantait. Quand il a commencé, en 1947, ces espaces de jeu étaient privés pour la plupart et situés dans des lieux résidentiels. Les playground qu’il a créés obéissaient à un principe de composition non-hiérarchique de sorte que le bac à sable, par exemple, ne focalisait pas toute l’attention, le centre se déplaçant selon les rapports que les éléments entretenaient les uns avec les autres et suivant l’activité de l’enfant. Les barres pour grimper affectaient une forme en tunnel de sorte que elles se transformaient aussi bien en une sorte de cabane où se tenir pour jouer et inventer de nouveaux espaces . Nul doute que les Stalker y ont songé quand on sait que Van Eyck était proche de Constant et que Francesco Careri, un membre de Stalker, a écrit un livre sur Constant… 

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Il est intéressant que les Stalker bénéficient aujourd’hui d’une exposition dans l’un des plus grands centres d’art contemporain de France. Car ce ne sont pas des artistes à proprement parler même si leur pratique emprunte beaucoup à l’art ou disons à certaines de ses formes de manifestations les plus contemporaines. On a déjà fait allusion au Land art en s’attardant sur Smithson mais on aurait pu parler aussi bien de Michael Heizer, de Richard Long et de Hamish Fulton, évoquer Wolf Vostel, Alan Kaprow ou le mouvement  Fluxus. On pourrait aussi parler de cinéma, de poésie et d’architecture, de tout ce qui intensifie la perception et met l’esprit sur la piste de sensations nouvelles susceptibles de produire en lui de nouvelles pensées. Car si les Stalker sont pour beaucoup des architectes  ils ne donnent pas à l’architecture ou à l’urbanisme, pas plus d’ailleurs qu’au paysagisme, une prépondérance quelconque. Même si leurs préoccupations tournent autour de la ville et de l’espace public, ils pensent, comme Cesare Brandi, que « l’espace qui appartient à l’architecture, ce n’est pas un endroit géométrique et individualisé, ce n’est pas la projection idéale d’une pensée humaine ou le contenant de notre  être-dans-le-monde, mais, en réalité, c’est notre même être-dans-le-monde, qui est invisible et indistinguable. » 

La tâche que les Stalker se sont assignée, c’est précisément de rendre visible et de distinguer pour ne pas ignorer ou simplement confondre. Distinguer c’est souligner les limites entre les choses, les mettre en évidence pour les transformer, le cas échéant en frontières, en zones intermédiaires qui, sans être des vues de l’esprit, n’existent qu’activées par lui dans la confrontation à l’autre. D’ou l’importance pour eux d’une œuvre comme Transborderline montrée à la biennale de Venise, à Ljubijana et dans les jardins de la Villa Medicis en 2000  ; constituée d’une vaste spirale qui s’étend sur plusieurs mètres à la manière d’un fil de fer barbelé elle évoque une frontière imaginaire à l’intérieur de laquelle des échanges sont permis mais en supposant l’impossible situation de passer d’un bord à l’autre tout en restant entre deux.

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Stalker est un catalyseur, un « activateur » d’espace ; son registre d’intervention est la performance, son lieu d’exécution le territoire, son mode de visibilité l’image, cartographique, photographique ou filmique. Il ne s’agit pas seulement pour lui d’ « enregistrer » une expérience  mais de la traduire visuellement. L’enregistrement est du domaine de l’archive et celle-ci, de plus en plus considérable, est ouverte à quiconque s’intéresse à ses activités. La traduction est du registre de l’invention, d’autres langues, d’autres espaces et pas seulement d’une langue différente, familière ou connue. Il ne s’agit pas de dire avec des concepts empruntés à l’architecture ce que l’exploration de nouveaux territoires à pu leur apprendre car en procédant ainsi ils se condamnerait à reconduire le nouveau à l’ancien. . Il s’agit en faisant ces expériences de trouver les modalités de leur expression, de créer leurs conditions de visibilité, à la fois pour les autres et pour eux - mêmes. Rien n’est plus absurde d’imaginer qu’il n’y a qu’à regarder pour voir ce que la plupart des gens côtoient tous les jours sans le remarquer. Si les Stalker voient et font voir autre chose c’est qu’ils créent de nouveaux lieux pour ce faire. Le monde de l’art est celui qui leur offre le plus d’opportunité, celui qui est le plus à même d’activer ces processus de création, le danger étant pour eux de se faire absorber par lui. Car c’est un monde dont ils se servent et auquel ils ne sauraient s’identifier sous peine de perdre leur propre identité, composite, polymorphe, en devenir comme les territoires qu’ils explorent. Stalker est un « acrobate », ce qui veut dire littéralement qu’il marche sur les extrémités, dans un équilibre périlleux et suivant un fil unique aux multiples bifurcations, un fil sur lequel il nous faut savoir avancer en se faisant Stalker à l’occasion, ou en cherchant, sur ses traces, à retrouver le point de vue vertigineux que nous pourrions avoir avec lui. Position naturellement intenable qui explique pourquoi Stalker doit avancer, évoluer tout en restant insaisissable. Stalker repousse la frontière de la périphérie au centre pour trouver de nouvelles bornes et gagner de nouveaux espaces. Il lui faut segmenter, diviser et scruter les anfractuosités du territoires qui sont autant de replis de l’esprit humain. 

         *

Faire lever des pensées sauvages et les chasser « devant », sans système, sans organisation, loin de la battue académique des écoles et des institutions, prolonger des processus déjà engagés, reprendre et continuer ces chants interrompus qui ouvrent de nouvelles pistes, jouer avec l’échelle des choses en refusant la mesure du monde, c’est ce que fait Stalker « sans ordre et non pas peut-être dans une confusion sans dessein » pour parler comme Pascal. Si l’activité de Stalker a quelque chose à voir avec l’art c’est certainement au sens où l’entendent Deleuze et Guattari, au sens ou il active la vie en libérant des forces plus qu’en composant des formes. Ces forces « tantôt elles se laissent sélectionner par le territoire, et ce sont les plus bienveillantes qui entrent dans la maison. Tantôt elles lancent un appel mystérieux qui arrache l’habitant au territoire, et le précipite dans un voyage irrésistible, comme les pinsons qui se rassemblent soudainement par millions ou les langoustes qui entreprennent à la marche un immense pèlerinage au fond de l’eau »  Ou comme la panthère qui se multiplie par dix, quinze, ou cent, surgit en mille points de la ville à la fois et disparaît à l’aube sans plus laisser de traces.

[1] « Stalker à travers les territoires actuels », Galerie I.A.V., Orléans, 1997

[1] « Sous ses multiples attributions il [Stalker] s’apprète à affronter des contradictions appremment insolubles : la possibilité de sauvegarder par l’abandon : de représenter par la perception sensorielle : de projeter l’instabilité et la mutabilité de ces lieux. » Ibidem.

[1] « Si cet acte est un hommage insistant à l’artiste américain, il est aussi une façon de traiter la mémoire de ses gestes au moyen du déplacement, d’intégrer Smithson à une  actualité de la mobilité pour souligner les rapports féconds entre le land art et le nomadisme actuel, rapports qui sont amplement mis en scène dans les villes ou reterritorialisées dans des milieux suburbains. » Thierry Davila, Marcher créer, Editions du regard, 2002, p.36

[1] Robert Smithson, » A tour of monument of Passaic », Artforum, 1996. C ;f, aussi le texte Jean-Pierre Criqui, « Ruines à l’envers », in Un trou dans la vie. Essais sur l’art depuis 1960, Paris, Desclée de Brouwer, 2002

[1] Robert Smithson, « Une visite des monuments de Passaic, New Jersey. » trad. Fr. Béatrice Trotignon, Les Cahiers du Musée National d’Art Moderne, Paris, Printemps, 1993, n°43, p. 22

[1] Texte non publié. Archives Stalker

[1] […]ma un po’‚ fuori dal centro rischiarato,
al fianco di quel silenzio, una strada
blu d’asfalto, pareva immersa
in una vita immemore ed intensa
quanto antica.

In Walter Siti, (a cura di), Pier Paolo Pasolini, Tutte le poesie, vol.1, collezione "I Meridiani", Arnoldo Mondadori, Milano 2003, pp. 754-755 

[1] On trouve cette citation de Chatwin dans . A travers les territoires actuels, Jean-Michel Place, Paris, 2000 : « Psychiatres, politiciens, tyrans continuent à nous assurer que la vie nomade est un comportement anormal, une névrose, une forme de désir sexuel inassouvi, une maladie qui, pour le bien de la civilisation, doit être vaincue. Les orientaux cependant, ont préservé un concept autrement universel : la vie errante rétablit l’harmonie originelle qui a jadis existé entre l’homme et l’univers. »

[1] NASCA, par exemple, (Nucleo Anti Sofisticazione Culturale e Architectonica, Nasca signifiant « gros pif » en argot italien.

[1] Sur l’opposition entre bande et famille C.f. Hakim Bey,  T.A.Z. Zone d’autonomie temporaire , Traduit de l’anglais par Christine Tréguier, Editions de l’éclat, Paris, 1997. Sur les communautés pirates voir W. Defoe, L’histoire générale des plus fameux pirates, Paris, Phébus, Libretto, 1990,  à laquelle le même Hakim Bay fait aussi référence et qui lui sert en partie de modèle pour concevoir la T.A.Z qui emprunte également aux surréalistes et aux situationnistes.

[1] Sur le Tour de Rome, voir Guy Tortosa, Stalker. A travers les territoires actuels, Jean-Michel Place, Paris, 2000. On y retrouve publié et un peu modifié sous le titre « Manifeste Stalker » le texte publié sur le dépliant de la galerie I.AV à Orléans en 1997. C.f. Aussi Thierry Davila, Marcher, créer, op. cit., p.135 -150

[1] Entretien pour Archimade par Stephane Collet, et Philippe Rahm avec Laurenzo Romito et Francesco  Careri le 1° juillet 2001.

[1] Voir Flaminia Gennari et Emanuela De Cecco, « Progett/ azioni. Tra i nuovi esploratori della città contemporeana », Flash art Italie, oct-nov 1996.

[1].Les Stalker reprennent en pratique l’idée de Foucault d’une « description systématique », ou d’une étude de ces « espaces différents », qui « pourrait s’appeler l’hétérotopologie », Dits et écrits, I, Paris, 2001, Gallimard, «  Quarto », p. 1575

[1] Emmanuel Hocquard, « Taches blanches », Ma Haie, P.O.L., Paris, 2001, p.401 et sq

[1] Francesco Carreri, Walkscape, G.Gilli, Barcelone, 2002 ? p. ?

[1] Lorenzo Romito « Stalker »,Peter Lang and Tam Miller, éditors,  Suburban discipline 2, Princeton archotectural Press, 1997, p. 132-133. Le journal qui suit est reproduit dans Stalker. A travers les territoires actuels, op. cit.

[1] C’est de la psychologie expérimentale de Kurt Lewin qui s’est constituée entre les deux guerres  que provient cette notion d’espace hodologique, reprise ensuite par J.B. Jackson dans plusieurs de ses textes dont A la découverte du paysage vernaculaire, (traduction. Française, Xavier Carrère, Paris, Actes-Sud,- ENSP, 2003). Sur tout ceci je me permet de renvoyer à mon article, « Hodologique », qui ouvre le numéro 11 des Carnets du Paysage, et aux textes de Jean-Marc Besse et de Sandra Alvarez de Toledo qui en complètent les développements (A paraître au printemps 2004)

[1] Ararat est aussi le nom d’un bateau de réfugiés kurdes qui a accosté dans les Pouilles en Calabre en 1997

[1] En collaboration avec Asako Iwana et le Pop-up- Café de Tokyo

[1] Ana Jawsdeki, archives Stalker, texte non publié. Il Tappeto Volante, le « tapis volant », représente , presque à l’échelle 1/1, au moyen de ficelles et de tubes en cuivre suspendus, la Chapelle Palatine de Palerme qui fut construite par les Normands et dont l’architecture intègre le style arabo – musulman de l’époque. Elle est censé avoir été un lieu de culte aussi bien pour les chrétiens, les juifs que les islamistes.

[1] Richard Sennet,« La conscience de l’œil. L’espace du public les compétence du citadin ». Plan Urbain-éditions recherches, Paris, 1991, p.34

[1] G.N.S, Palais de Tokyo, Editions Cercle d’Art, Paris, 2003, p.202

[1] Travaillant pour la ville jusqu’en 1951, Aldo Van Eyck a continué de construire des Playground jusqu’en 1978.

[1] Francesco Careri, Constant. New Baylon, una città nomade, Universale di Architettura, 2001. Face à la page 23 du livre sont reproduites les photographies d’une « structure en ciment pour jeu d’ enfants »(1955) et celle d’un projet « d’équipement ludique pour la ville d’Amsterdam » (1956) tout deux commissionnés pas Aldo van Eyck.

[1] Cesare Brandi, « la spazialita antiprospettica » in Bruno Zevi, ed., Archittetura concetti di una controstoria, Rome, Newton Compton, 1994, p. 74. Cité par Lorenzo Romito, Stalker, art.cit, p.133

[1] Respectivement dans le cadre de la Biennale, de Manifesta 3  et de l’exposition « La Ville, les jardins, la mémoire ». Sur cette pièce Cf aussi, Luca Galofaro, Artscape. El arte como aproximacion al paisaje contemporàneo,Editorial Gustavo Gil, 2003, p. 105-107

[1] « De tels territoires difficilement intelligibles, sont donc aptes à faire l’objet de projets, puisqu’ils sont privés d’une localisation dans le présent et étrangers aux langages contemporains. Leur connaissance ne peut être acquise que par expérience directe ; les archives de ces expériences sont l’unique cartographie des Territoires actuels. », « Manifeste Stalker » Stalker. A travers les territoires actuels, op. cit

[1] Gilles Deleuze et Félix Guattari, Qu’est-ce que la philosophie, éd de Minuit, Paris, 1991, p. 176





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