02/01/12

Roma, il risveglio meticcio della citta informale



Roma, il risveglio meticcio della città informale
di Francesco Careri
(articolo scritto per il catalgo della mosta "Sao Paolo Calling", gennaio 2011, in corso di pubblicazione)

Roma ha una lunga storia di città informale. “Alla fine degli anni ’60 – scrivevano Catalano e Rosi nel 1983 - una casa su sei era abusiva; dal 1969 al ’76 si costruiscono 68 mila abitazioni illegali, mentre se ne realizzano 73 mila legalmente; un alloggio su due è stato costruito abusivamente” (1). Per abusivo si intende in Italia tutto ciò che è nato fuori ma anche contro la pianificazione, e con questo termine vengono indicati sia gli insediamenti di baracche che intere porzioni di città con strade e solide case in muratura, anche a più piani. Per decenni migliaia di famiglie - circa 70.000 persone - hanno vissuto in veri e propri slums (2), fino agli anni ’80 quando grazie alle lotte popolari, l’emergenza abitativa è stata definitivamente assorbita, attraverso la legalizzazione della città abusiva e la realizzazione dei quartieri popolari (3). Dopo gli anni ’80 i soli slums in città sono stati i campi nomadi per i Rom, un popolo discriminato che continua a subire un vero e proprio apartheid nel cuore dell’Europa (4).

Roma è oggi una città di tre milioni di abitanti, ha lo stesso numero di persone di quello che vive nelle favelas di Sao Paolo. Considerando sia i senzatetto che chi vive in case sovraffollate o sotto sfratto, si calcolano più di centomila persone in emergenza abitativa, di cui almeno diecimila in baraccopoli, campi e occupazioni. Rispetto ai decenni scorsi ci sono alcune significative differenze: il fenomeno non è più legato alla migrazione interna dalle zone povere dell’Italia, ma a una migrazione esterna legata alla globalizzazione dei mercati (5); per questa popolazione multiculturale non si vedono all’orizzonte né le imponenti politiche di legalizzazione della città informale, né nuovi interventi di edilizia pubblica, mentre il mercato privato resta del tutto inaccessibile; dalla lotta per la casa si è passati ad una più generale lotta per l’abitare e per il diritto alla città come bene comune (6). In un generalizzato ritardo istituzionale l’occupazione di edifici dismessi sembra essere considerati l’unica realtà capace di rispondere all’emergenza e alla velocità dei fenomeni in atto.

Roma si è risvegliata con le baracche dei film di Pasolini e le lotte per la casa delle foto di Tano D’Amico. Oggi a Roma il diritto alla città è una lotta dei migranti, grazie a loro riprendono vita i luoghi che la città aveva abbandonato, le piazze si trasformano con nuovi usi e comportamenti, le occupazioni (7) a scopo abitativo diventano importanti laboratori sperimentali di convivenza interculturale. Anche qui da diversi anni la popolazione di origine straniera ha superato quella italiana, creando condomini dove oltre alle case esistono cortili, giardini, spazi di soglia, spazi comuni ormai estinti nel resto della città. La città meticcia (8) ha riportato dal Sud del mondo quella vitalità e quell’efficacia dell’informale che da anni si erano assopite.
Metropoliz, il caso studio che qui presentiamo, è il luogo simbolo della lotta per l’abitare meticcio ed inclusivo dei Rom. È una occupazione abitativa insediata in una ex fabbrica di salumi, dove dal 2009 vivono circa 200 persone. Rispetto ad altre occupazioni qui oltre agli italiani e ai migranti provenienti dall’Africa, dal Sud America e dall’Est Europeo, è stata inclusa anche una comunità di Rom Rumeni. Il risultato è uno spazio denso di contraddizioni in cui si ritrovano concentrati i più importanti temi della contro urbanistica cittadina: il riciclo e l’autorecupero degli edifici dismessi come alternativa al consumo di suolo, la lotta alla rendita fondiaria con proposte di acquisizione pubblica, la condanna delle politiche di ghettizzazione nei confronti delle popolazioni Rom da sempre discriminate in tutta Europa (9).

La strategia più efficace di Metropoliz è l’apertura alla città e la legittimazione attraverso il networking e l’uso dell’arte come strumento di comunicazione politica. Oltre ai i BPM (Blocchi Precari Metropolitani) che hanno avviato e coordinano l’occupazione all’interno di una più estesa rete di movimenti politici cittadini, si sono nel tempo affiancati diversi attori: Popica Onlus che si occupa della scolarizzazione dei bambini Rom; alcune associazioni di quartiere molto importanti per costruire buone relazioni di vicinato; le università che vi svolgono studi e seminari di autocostruzione e partecipazione, e diversi progetti artistici tra cui il più significativo è sicuramente il film neorealista e fantascientifico Space Metropoliz. Ideato dai registi antropologi Fabrizio Boni e Giorgio de Finis, è la storia surreale degli abitanti di Metropoliz che decidono di costruirsi un razzo per andare sulla Luna, dove forse sarà possibile abitare senza discriminazioni. Il film ha coinvolto gli abitanti e molti artisti a lavorare insieme, dimostrando come il cinema può essere un’arte civica capace di costruire città e cittadinanza (10).

Note:

1) Ezio Catalano, Caludio Rosi, Politiche per l’abusivismo, in Alberto Clementi e Francesco Perego (a cura di), La metropoli spontanea. Il caso di Roma, Dedalo, Bari 1983, p. 389. Per una storia dell’abusivismo a Roma vedi: Giovanni Berlinguer e Piero Della Seta, Borgate di Roma, Editori Riuniti, Roma 1960, 1976; Italo Insolera, Roma Moderna, Einaudi, Torino 1962-2011; Franco Ferrarotti , Maria Immacolata Macioti , Periferie. Da problema a risorsa, Laterza, Bari 1970 - 2009; Vezio De Lucia, Se questa è una città, Editori Riuniti, Roma 1989; Paolo Berdini, Breve storia dell’abusivismo edilizio in Italia, Donzelli, Roma 2011.


2) Nel 1948 oltre alle 35 borgate ufficiali costruite da Mussolini si contavano altre 87 borgate abusive. Il numero di famiglie che viveva in baracche a Roma si è cosi evoluto: nel 1947 erano 2.500 nuclei, nel 1957 erano 13.000, nel 1961 ancora 13.684, nel 1970 erano 10.799. Cfr: Ezio Catalano, Caludio Rosi, Politiche…op cit, p. 388.

3) La superficie oggi occupata dalla ex città abusiva è di 6.670 ettari e ci vivono 360.000 persone, mentre l’attuale città pubblica occupa 4.550 ettari e ci vivono 4.400 persone: ciò che è stato costruito abusivamente è più vasto e meno denso di ciò che è stato pianificato, e in molti casi ha prodotto - dal punto di vista della vivibilità e delle relazioni sociali - una città migliore della città pianificata. Per i dati sulla città abusiva vedi: http://comune.roma.it/wps/portal/pcr?jppagecode=dip_pol_riq_per_zone_zo.wp. Per i dati sulla città pubblica vedi: Lorenzo Caiazza, La città pubblica, tesi di laurea in Architettura – Progettazione Urbana. Relatore Giovanni Caudo. Università di Roma Tre, Marzo 2010.

4) La popolazione Rom e passata dalle 524 famiglie censite nel 1986 fino alle circa 2000 famiglie dei primi anni 90 che ancora oggi vivono tra baracche e campi attrezzati. Lo stesso numero di persone (circa 6000) che viveva in 58 campi nel 1990 è stato concentrato nei 13 campi dall’attuale Piano Nomadi. Su dati e censimenti dei Rom a Roma vedi Lacio Drom n° 5 1986 e n°3-4 del 1990, e Cecilia Sgolacchia, La città Rom, tesi di laurea in Architettura – Progettazione Urbana. Relatore Francesco Careri. Università di Roma Tre, Luglio 2010; Francesco Careri e Lorenzo Romito, Roma, una città senza case, un popolo senza terra, in Aldo Bonomi (a cura di), La Vita Nuda, Triennale Electa, Milano 2008, pp.105-115; Francesco Careri, L’apartheid dei Rom e dei Sinti in Italia, “Urbanistica Informazioni” n° 238/2011.

5) Su Roma Multiculturale ci sono molti dati sui rapporti annuali della Caritas di Roma, Osservatorio Romano sulle Migrazioni, Edizioni Idos, Roma. Si consiglia inoltre Giorgio Piccinato (a cura di), La città eventuale, Quodlibet, Macerata 2004 e Giovanni Attili, La città dei migranti. Storie di vita e Pianificazione Urbana, Jaca Book, Milano 2008.

6) Su questi temi cfr: Giovanni Caudo, Case di carta: la “nuova” questione abitativa, in l’Unità (in due parti) 24 e 27 dicembre 2005; AA.VV, Modello Roma. L'ambigua modernità, Odradek, Roma 2007; Marco Cremaschi (a cura di), Tracce di quartieri. Il legame sociale nella città che cambia, Franco Angeli, Milano 2008; Sonia Masiello, Roma periSferica. La città, le periferie, gli immigrati, la scuola, Franco Angeli, Milano 2009.

7) In Italia per “occupazione” non si intendono come in America Latina le invasioni di terreni liberi su cui costruire (tomas) ma di interi palazzi residenziali di proprietà pubblica o privata e spesso di edifici industriali dismessi. Cfr. Sofia Sebastianelli, Le occupazioni a scopo abitativo. Pratica quotidiana del diritto all’abitare,” lo Squaderno” n° 14, December 2009
Protests and Riots / Proteste e rivolte, pp 47-49. http://www.professionaldreamers.net/images/losquaderno/losquaderno14.pdf.

8) La traduzione più corretta di “meticcio” sembra essere proprio la parola inglese “pidgin”, che aggiunge la dimensione creola di “imprevedibile”. Un idioma pidgin è infatti il grado zero di una nuova lingua, fatta di parole sbagliate o mal pronunciate, è l’emergere di uno spazio di comunicazione reciproca tra diversi che nasce dall’errore, la disponibilità ad una dimensione imprevedibile della realtà. La parola pidgin deriva dalla scorretta pronuncia cinese dell’inglese business e aveva obbligato gli inglesi a storpiare il loro proprio linguaggio per farsi comprendere dai cinesi.

9) Cfr. Francesco Careri, Metropoliz. Stazione Rom-A, “Abitare” n° 503, 2009, pp. 94-101; Roberto De Angelis, La Metropoli(z) di Tiziana e Florin, in Federico Scarpelli e Angelo Romano (a cura di), Voci della città. L’interpretazione dei territori urbani, Carocci, Roma 2011, pp.185-208; Camillo Boano, The Metropoliz Wall. The architectural dispositif as recalibrating agent, http://blogs.ucl.ac.uk/dpublog/2011/11/28.

10) Cfr www.spacemetropoliz.com. Con lo stesso scopo di legittimazione e comunicazione con l’esterno, è stato prodotto il film Good Buy Roma di Gaetano Crivaro e Margherita Pisano, che racconta la vita meticcia dell’occupazione del Fronte del Porto. http://goodbuyroma.wordpress.com

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