05/05/25

uscito il mio nuovo libro CAMMINARE E FERMARSI

 

link alla pagina dell'Editore Mimesis

link alla recensione di Felice Cimatti su Doppiozero

link alla presentazione su Radio3 Farenight con Tommaso Giartosio

Camminare e Fermarsi raccoglie testi scritti in un arco di trent’anni e racconta pensieri ed esperienze vissute come artista architetto e attivista, insieme a Stalker e in ambito universitario. Sono testi intorno al camminare e al fermarsi, praticati come forma immateriale di arte e di architettura, come azione che prende posizione sul campo, come interazione con i conflitti e con la società, come didattica nomade e itinerante, come progetto per una città ospitale. Una riflessione sul camminare sull’esplorazione urbana e sull’assumere una responsabilità etica ed estetica nella scelta del fermarsi, del prendersi cura di un luogo e immaginare un progetto con i suoi abitanti.

Il libro costituisce la versione italiana, ampliata e aggiornata e focalizzata su Roma, di un libro pubblicato nel 2016 per l’editore Gustavo Gili di Barcellona, in spagnolo e in portoghese, che conteneva alcuni testi rivolti soprattutto al pubblico latinoamericano e che qui sono stati sostituiti con altri per un pubblico italiano. È un testo che può essere letto come una riflessione cominciata con il mio primo libro uscito in Spagna nel 2002, Walkscapes, camminare come pratica estetica, e che qui tenta di superare lo statico dualismo tra nomade e sedentario, fornendo un ritmo dinamico a camminare e fermarsi, navigare e approdare, allo spazio dell’andare e a quello dello stare. Si guarda al fermarsi non come una resa all’insediarsi sedentario né come accettazione delle sue regole e delle sue frontiere, ma come azione di responsabilità, di presa in cura e di progetto trasformativo verso i territori attraversati e con le genti che li abitano. Si narra di pause nel camminare nomade tra spazi sedentari e nel camminare sedentario tra spazi nomadi, un abitare continuo tra l’armare la carovana per il viaggio e allestire il campo per la sosta, un percorso inarrestabile di equilibri tra un passo e un altro.

I brani che seguono raccontano di possibili strade attraverso cui espandere il campo di azione dell’arte e dell’architettura, da claustrofobiche stanze disciplinari e funzionali al sistema ad avventure con cui trasformarlo. Il libro si apre sul camminare, con una poesia in forma di manifesto scritta nel 1999 in una lingua meticcia e neobabilonese che incita a navigare attraverso le passioni del territorio; poi si continua con brevi pensieri personali annotati sul mio taccuino in vista della prima camminata iniziatica realizzata con Stalker a Roma nel 1995; si passa al richiamo del nomadismo, dello spazio arcaico e della danza tra stazioni abbandonate, paesaggi nuragici e performance parigine; si partecipa al corso universitario di Arti Civiche nato nel 2006 per provare a insegnare Stalker, con un testo in omaggio all’urbanistica itinerante di Patrick Geddes e con un racconto scritto insieme a Lorenzo Romito su una camminata intorno al Grande Raccordo Anulare fatta nel 2009 con Primaveraromana. Segue una seconda parte sul fermarsi, soste in contesti diversi e introdotte da un testo più teorico basato sulla metafora del navigare, del cercare il vento di bolina tra i conflitti urbani, del salutare da lontano e del chiedere ospitalità, dell’andare alla deriva e approdare a un progetto possibile. Si riparte da Caino e Abele e dal gesto del KA, connettendo il fratricidio biblico all’arcaico simbolo dell’eterna erranza e dell’incontro con l’Altro e poi si approda al Campo Boario per organizzare azioni ludico costruttive nella città dello straniero; si passa per Corviale a costruire un immaginario e raccontare una storia che comincia con le azioni di Osservatorio Nomade del 2004 e continua con quelle attuali del Laboratorio di Città; ci si impantana nel fango della città dei Rom cercando di superare l’apartheid per non finire nei nuovi campi di concentramento delle amministrazioni di destra e di sinistra; si va in pellegrinaggio ad Alba sulle tracce di Constant e a rileggere criticamente i situazionisti e l’urbanismo unitario e poi alla ricerca di New Babylon, fino a inciampare in Pidgin City. Un approdo a un modo possibile, quello delle occupazioni abitative dove l’informalità torna a essere una risorsa e l’autocostruzione un’uscita di sicurezza praticabile, dove con la lotta si producono spazi meticci a partire dalle capacità costruttive e dai desideri degli abitanti. L’ultima parte del libro è dedicata allo spazio dell’ospitalità, all’insegnare e apprendere reciprocamente, tra corpi docenti e corpi discenti, un metodo possibile per il progetto di arte, architettura e urbanistica. Si apre con un testo più teorico sull’ospitalità come soglia di trasformazione dello straniero e si procede verso il progetto Circo, acronimo di casa irrinunciabile per la ricreazione civica e l’ospitalità, un immaginario per una città ospitale elaborato insieme al Laboratorio Circo e raccontato attraverso testi, scritti con Fabrizio Finucci e Maria Rocco, che si concludono con il malumore per un progetto di regolarizzazione dell’occupazione di Porto Fluviale, attualmente in corso di realizzazione. Segue un glossario di parole che cercano di costruire a posteriori un metodo peripatetico, dove si impara a perdere tempo per guadagnare spazio, a camminare e a inciampare in terreni fertili dove fermarsi a incontrare gli abitanti, dove disegnare con loro progetti di architettura, dove imparare a salutare quando si arriva e quando si riparte. Il libro si chiude con un omaggio a Pasolini su Roma, scritto per il centenario della nascita, in un confronto continuo tra le parole di Pasolini e le pratiche di trasformazione del territorio descritte nei testi precedenti.

Seppure – soprattutto nella prima parte – quello che avete in mano sembri un libro su Stalker, questo libro non sostituisce quel libro che Stalker non ha mai pubblicato e che attende silente, sotto forma di achivi aperti alla consultazione e alla riattivazione, di PDF scaricabili sul web e in pagine informatiche che lentamente si spengono senza lasciare tracce. È un libro su quello che io ho imparato da Stalker e che cerco di praticare e insegnare allo stesso tempo. Stalker infatti è una pratica attiva che in molti cerchiamo di vivere e trasferire ad altri, ed è un’avventura esistenziale, etica ed estetica, da cui continuo ad apprendere giorno per giorno. Un’esplorazione mistico-poetica cominciata insieme a molti compagni nei primi anni Novanta e che è riuscita a resistere e a esprimersi lontano dai riflettori dello spettacolo del contemporaneo, non perché abbia voluto sottrarsi o nascondersi – anzi ha avuto e tuttora ha un folto numero di estimatori che l’hanno praticata sul campo facendone esperienza diretta – ma perché ha trovato il suo modo di starne fuori e a volte dentro, navigando e cambiando repentinamente direzione, camminando e facendo perdere le sue tracce, disperdendosi utilizzando diversi nomi e plurime identità (Stalker, Osservatorio Nomade, Primaveraromana, Museo Relazionale, Laboratorio Arti Civiche, Scuola di Urbanesimo Nomade, No-Working). Si vuole quindi ringraziare Stalker/No-Working come luogo indipendente che, con grande dissipazione di energie, alimenta la pratica e custodisce le tracce fisiche di questa esperienza in un archivio che ha gentilmente messo a disposizione la maggior parte delle immagini che accompagnano questo libro e che da sempre sono stato l’immaginario delle mostre, delle conferenze e degli articoli con cui ho raccontato le storie che seguono. Molte altre immagini del libro sono invece delle mie opere, più personali, a volte compiute all’interno dell’operare collettivo di Stalker, come le azioni con la farina, utilizzata per sottolineare gli elementi plastici che trovavamo lungo il percorso come Carnac nel 1995 o il cerchio sull’asfalto che dà forma al Pranzo Boario nel 1999. Altre volte compiute da me, da solo, come i collage di mappe su base di cartone, realizzate nella maggior parte durante la pandemia nella primavera del 2020, mentre per la copertina è stata scelta un’opera della serie realizzata nell’atelier Proteo di Stintino nel 2023.

Per rendere più scorrevole il testo e più piacevole la lettura si è deciso di inserire solo alla fine del libro le didascalie delle foto e le note editoriali. Nell’elenco delle immagini si trovano, con riferimneto alle pagine, le informazioni delle immagini con i titoli, le date, e gli autori che qui di seguito ringraziamo in ordine di apparizione: Lorenzo Romito, Romolo Ottaviani, Armin Linke, Marco De Bernardis, Paolo Bruschi, Fortunato della Guerra, Aldo Innocenzi, Mathieu Kavyrchine, Lorenzo Pagliara, Pialivia Di Tardo, Camilla Sanguinetti, Giulia Fiocca, Luca Ventura, Alberto Iacovoni, Caposh & LEROY SPQRDAM, Max Intrisano, Giorgio De Finis, Giorgio Talocci, Maria Rocco, Fabrizio Finucci e molti studenti che hanno scattato foto di cui non si conosce l’autore.

E in ultimo una nota di chiusura: alla fine del libro si trova un cospicuo numero di note che si è deciso di utilizzare per rendere più scorrevole il testo, che sono utili sia per comprendere ciò che a volte risulta essere sottointeso e autoreferenziale, sia per fornire un apparato di riferimenti per approfondire i temi affrontati. Invito inoltre a utilizzare ciascuna di queste parole senza per forza citarne la fonte in modo accademico, ma facendole proprie quando condivise, e mettendole in pratica quando se ne trovino le circostanze.

Nessun commento:

Posta un commento