28/08/24

Il Belvedere del Villagio Norman, 2024.


Sabato 24 agosto è stato inaugurato il Belvedere di Normann, uno Spazio d’Arte Comunitario posizionato tra la montagna e il mare. È un luogo dove si potrà ascoltare il silenzio, vedere il tramonto e le stelle, ma anche riunirsi per partecipare ad azioni politiche ed estetiche. Ci sono due parti principali dello Spazio comunitario Belvedere: verso la montagna si trovano due file di sedili scolpiti nella pietra a forma di anfiteatro che evocano i siti megalitici delle capanne di riunione dei villaggi nuragici. Verso il mare si trova il monumento ai cavalli che lavoravano nelle miniere, costruito con i tronchi portati a riva dalle onde. Il monumento evoca la storia di Bosano, un cavallo sepolto qui dal 1957, e dei sette vagoni che trainava negli stretti cunicoli della montagna.
Il Belvedere è un’opera d’arte comunitaria, realizzata interamente grazie al lavoro e alle competenze dei volontari dell’Associazione Villaggio Normann OdV tra le estati del 2023 e del 2024. È stata concepita insieme ai volontari residenti nel Villaggio Normann e al Collettivo Giuseppefraugallery e progettata attraverso un lungo percorso ludico e poetico avviato da Francesco Careri, in più occasioni quando è stato ospitato dalla Comunità Villaggio Normann.

qui l'intervista che mi hanno fatto sul processo creativo del belvedere

qui l'intervista a Ninni Mocco sulla storia del Cavallo Bosano 

di seguito alcune foto del belvedere il giorno dell'inaugurazione

WAWE IUAV 2024 - DIE WELT ALS LABIRYNTH / IL MONDO COME LABIRITNO, Venezia 27 giugno - 12 luglio 2024

Workshop a cura di Francesco Careri (Stalker / UniRomaTre); collaboratori: Edoardo Fabbri, Simone Lavezzaro, Alberto Marzo, Sara Monaco e Claudia Faraone (ETICity)

Nel 1959 l’Internazionale Situazionista aveva organizzato allo Stedelijk Museum di Amsterdam una mostra dal titolo Die Welt als Labyrinth / Il Mondo come Labirinto, un’opera collettiva pensata come un unico ambiente labirintico che percorreva il museo dall'esterno all'interno. Il pubblico entrava liberamente "come garanzia di non sottomissione all'ottica dei musei" da un grande buco nel muro come una breccia da scavalcare, e da qui cominciava un percorso con porte a senso unico, la cui lunghezza poteva variare dai 200 metri ai 3 chilometri a seconda delle porte che si aprivano, mentre il soffitto variava continuamente fino ad un'altezza di quasi un metro. L’ atmosfera interna era una commistione di interni domestici ed esterni urbani, con piogge, venti, nebbie artificiali, giochi luminosi, termici e sonori, insieme a veri e propri ostacoli che disorientavano e spaesavano gli spettatori che avrebbero dovuto perdersi costruendo i propri percorsi. La mostra non ebbe luogo per controversie con il direttore del museo che per motivi di sicurezza aveva interferito con la creazione del labirinto sottoponendolo alla supervisione dei vigili del fuoco. Una riunione del gruppo votò all'unanimità di annullare la mostra. In omaggio alla mostra non realizzata dei situazionisti, si propone di esplorare il labirinto di Venezia perdendosi attraverso la teoria della deriva urbana, e interrogandosi su cosa significa la parola walkability in una città turistica ed escludente non solo per chi è privo di abilità fisica ma anche di documenti, di cittadinanza o semplicemente di reddito. 

2006 - primo corso di Arti Civiche


trovato ora anche questo documento, non resisto a non condividerlo qui.

2008 - l'architettura peripatetica. Progettando con comunità Rom di Roma


vecchio video trovato ora su youtube e che non credo sia in questo blog

Studio critico con Francesco Careri, Roma giugno 2024

27/08/24

ALTRE OPERE DEL CICLO PROTEO 2023







































ALCUNE OPERE DEL CICLO PROTEO 2023

 










tra un attimo, nel postumano

ATELIER PROTEO 2023 (foto di Luca Capuano)


qui sotto seguono altre immagini 

PROTEO, IL KA DEL MARE ?

Dopo anni che ragiono intorno al KA, il simbolo dell'eterna erranza, quel gesto delle mani alzate che permette di attraversare i confini e di incontrare l'altro, sto cominciando a lavorare sull’ipotesi di una sorta di KA del mare. 
È una riflessione che nasce dopo essermi imbattuto in tre rappresentazioni lontane tra loro nel tempo e nello spazio e che sembrano raccontare un odissea senza fine. Le ho riassunte in un telo della serie di opere dell'Atelier Proteo fatte a Stintino nell'estate del 2023.


La più recente è il disegno di una bambina del campo profughi di Idomeni in Grecia, fotografata da Stefano Vallin nel 2016 durante il grande esodo dalla Siria. Il disegno mostra una figura a braccia aperte e con le mani molto grandi. Intorno a lei molte persone, anche bambini, affogano. Il mare è in tempesta e un gommone sgonfio cola a picco. (
https://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2016/04/05/news/dalla-guerra-in-siria-al-viaggio-nel-barcone-nei-colori-di-una-bimba-1.13244059)

La seconda è su una roccia di Bohus, nella Svezia meridionale ed è un graffito dell’età del bronzo in cui tra le barche fuoriesce una figura con le mani alzate. È stato interpretato come “il dio delle cinque dita”, una divinità della fertilità che scaccia i demoni dell’inverno e infonde la forza del sole estivo. Ma in realtà il contesto in cui è inciso sembra essere piuttosto un ambiente marino, un approdo dopo una fuga con barche e naufragi. vicino all’uomo con le mani alzate, ci sono barche con sopra altre figure, una donna priva di braccia e un bambino che alza una mano con un oggetto, sembrano avvicinarsi a terra lanciando segnali. 
(Ling, Johan and Cornell, Per (2010) 'Rock Art as Secondary Agent? Society and Agency in Bronze Age Bohuslän', Norwegian Archaeological Review, 43: 1, 26-43.)


La terza è incisa su una tazza trovata nel 2009 in frammenti sotto il crollo di una capanna dell’insediamento di Filo Braccio a Filicudi ed è conservata nel Museo archeologico di Lipari. Anche questa ci parla di migrazioni e di naufragi, una grande figura con le mani aperte si erge tra barche che sembrano affondare tra le onde in un arcipelago di isole. Siamo nel Bronzo Antico, circa quattromila anni fa, è probabilmente il più antico esempio di rappresentazione narrativa del Mediterraneo. Per la figura umana è stato fatto riferimento a Proteo, un’arcaica divinità marina, una sorta di Poseidone della prima generazione di dei. 
(M.A. Mastelloni, Le isole natanti: le Eolie nella rete di scambi culturali e materiali del Mediterraneo, in Migrazioni e commerci in Sicilia. Modelli del passato come paradigma del presente, Conv. Int. Siracusa 2017, R. Panvini ed., Palermo 2017, pp. 219-244). qui il link al modello tridimensionale della tazza 

qui sotto altre foto del Telo di Proteo.

le derive proteo, video di Aldo Innocenzi per la mostra Niente di Impersonale